Carcere e rischio terrorismo, “mediatori e lavoro contro la radicalizzazione”

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“Ripartire da trattamento e occupazione”, ha rimarcato il capo del Dap Santi Consolo, intervenuto alla presentazione del progetto “Sprigioniamo il lavoro”. Il sottosegretario Migliore: “Se non c’è un’attenzione molto efficace sul tema della radicalizzazione in carcere, più preoccupazioni e più insicurezza in Italia”

ROMA – Il giorno dopo il massacro di Bruxelles, mentre l’Europa cerca un fronte comune con imponenti misure di sicurezza, Santi Consolo, capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, lancia un messaggio forte e chiaro che mescola sapientemente ragione, sentimento e comprensione. “Le reazioni inconsulte sicuramente sono sbagliate”, ha sottolineato il capo del Dap.
L’occasione per parlare degli attentati di Bruxelles e del rischio radicalizzazione in carcere è arrivata questa mattina con la conferenza stampa indetta alla Camera dei deputati per presentare il progetto “Sprigioniamo il lavoro” che ad aprile partirà negli Istituti penitenziari di Parma. Sul tema della radicalizzazione si è soffermato in particolare il sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore, indicando gli strumenti per una efficace prevenzione. Tra questi anche l’aspetto lavorativo, ambito dal quale è partita l’analisi del capo Dipartimento.

L’importanza del lavoro. E proprio dal lavoro, ha rimarcato Santi Consolo, bisogna ripartire. “Ho accolto di buon grado questa iniziativa per tutta una serie di ragioni – ha spiegato in apertura di intervento il capo del Dap -: prima di tutto perché la nostra amministrazione comincia a cambiare pelle, ad avere un atteggiamento e un ruolo diverso dal passato”.
Non ci si preoccupa più solo di “assicurare spazi decorosi per il pernottamento dei detenuti. E proprio in quest’ottica stiamo cominciando a fare interventi mirati, come quello in esame, che prevedono spazi riservati all’attività trattamentale. Il lavoro è l’elemento principale del trattamento e tutti dobbiamo avere consapevolezza del fatto che assicurare il lavoro alle persone detenute è il principale fine che insieme dobbiamo perseguire e ottenere”.

Il carcere da solo non basta. “Perché è così importante questo progetto? Perché in questa iniziativa abbiamo un incontro di intenti: il garante per i detenuti, il direttore di Parma, la nostra amministrazione, il ministero, gli enti locali e soprattutto le potenzialità imprenditoriali e artigianali di Parma. Tutto questo confluisce verso un’offerta di potenzialità di lavoro nel nostro ambito. Questo è un modo per offrire delle opportunità. Ma sicuramente noi ne dobbiamo assicurare altre”.

Tasso di recidiva troppo alto e rischio radicalizzazione. “In Italia abbiamo un problema di recidiva e un problema incipiente di radicalizzazione all’interno delle carceri – ha sottolineato Gennaro Migliore, sottosegretario alla giustizia con delega per detenuti e trattamento -: sapete tutti che Salah Abdeslam, il terrorista che è stato arrestato, responsabile della strage al Bataclan, era stato reclutato in carcere e che oggi il reclutamento e la radicalizzazione in carcere sono fenomeni da tenere sotto stretto controllo. Non voglio polemizzare con chi parla dei barconi mentre dovrebbe parlare dei terroristi, ma se non c’è un’attenzione molto efficace anche sul tema della radicalizzazione in carcere, con una capacità di investimento nei mediatori, nelle attività di risocializzazione, nelle attività lavorative, noi avremo più preoccupazioni e più insicurezza nel nostro Paese. Il carcere deve essere una parte funzionale della società. Non dev’essere uno strumento di lesione di diritti o una sorta di dimenticatoio nel quale rinchiudere persone di cui non parlare e non occuparsi più”. (Teresa Valiani)

Da redattoresociale


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