Caro Astrit, questo non è un addio ma un arrivederci

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Sono passate 36 ore da quando il medico della clinica dove eri ricoverato, mi è venuto incontro scuotendo la testa con il camice verde stretto addosso. “Astrit è andato”, mi ha detto con un filo di voce, “la situazione era drammatica”. Corro verso il tuo letto in terapia intensiva e trovo te, bianco come uno straccio con quel tubo in bocca, e i monitor che segnano un numero che finora non era mai comparso: lo zero e una striscia lunga, come nei film.

Un colpo atroce, una stilettata al petto e un pensiero: quei 7 anni della mia vita con te tutti davanti ai miei occhi.

Dopo due anni in cui la tua malattia non ci ha lasciato più, buttandoci di colpo in un mare in tempesta, te ne sei andato lasciandomi nel buio della notte con tutti i nostri ricordi accesi come un unico montaggio a colori di una grande storia d’amore in flash back. Una malattia dove abbiamo lottato insieme, come sempre fianco a fianco, senza smettere mai di credere che ancora avevamo una possibilità e apprezzando, in quei momenti, ogni attimo che la vita ci stava regalando insieme. Una malattia che invece di dividerci, come capita a tante coppie fino alla rassegnazione, ci ha uniti ancora di più nelle varie stanze degli ospedali che abbiamo attraversato in questi anni. Ospedali dove medici portavano la nostra coppia da esempio, e dove gli infermieri si commuovevano quando, prima di un intervento, ti preoccupavi di me e non di te. Una malattia che non ti ha mai fatto paura perché sapevi che, insieme, noi potevamo affrontarla ovunque ci avesse portato.

Abbiamo camminato insieme, mano nella mano, in tutte le cose che abbiamo fatto dal primo giorno del nostro amore. I nostri viaggi in Scozia, in Romania, in Russia, a Lisbona, a Istanbul, a Londra. Le tante case che abbiamo cambiato. Gli oggetti scelti insieme, i regali, le dediche.

Con le tue mani bellissime, il tuo volto sorridente, la felicità nei tuoi occhi, ci ricordavamo di quel capodanno a Venezia dove fuggivamo dall’acqua alta per arrivare a stappare la nostra bottiglia al ponte di Rialto o quando ballavi la tecno sul lungo mare a Napoli per festeggiare l’anno nuovo.

Tu Astrit, non eri solo un grande giornalista, un uomo colto e intelligente, tu eri un uomo che nascondeva tanti piccoli tesori e che solo chi sapeva entrare dentro il tuo cuore poteva vedere brillare. Tu sei stato l’uomo che ha saputo ascoltare senza giudizio, senza nessuna competizione, e che sapeva leggere le emozioni altrui più profondamente di quanto facessi trapelare. Tu sapevi ma non dicevi, perché non volevi ferire, mettere in difficoltà, ma eri anche in grado di decidere con molta determinazione senza far pesare la tua autorevolezza. Eri un uomo che sapeva amare senza possesso, senza ripicche, e con grandissima dedizione, tanto che una mia amica oggi mi ha detto: “Astrit era uno dei pochi uomini che una femminista potrebbe scegliere di amare”.

E noi ci siamo amati, compresi, sostenuti reciprocamente come due complici che si ritrovano vita dopo vita, e s’intendono con una sola occhiata. Ci siamo cercati, voluti e desiderati e per il nostro amore abbiamo sfidato cose che altri avrebbero lasciato perdere. Abbiamo faticato per rimanere stretti l’uno all’altro e abbiamo superato ostacoli su cui altri avrebbero inciampato. Abbiamo corso, riso, mangiato, bevuto, visto, guardato, odorato e scoperto luoghi nascosti senza paura. Ci siamo accompagnati nelle vie tortuose perché se uno di noi aveva un problema, l’altro non esitava mai a seguirlo con fiducia: una forza che esce fuori solo se si è una sola cosa.

Ed è così che in 7 anni abbiamo costruito una vita intera.
Noi, Astrit, ci siamo scelti: io per la tua gentilezza, premura, comprensione, e tu per la mia tenacia, determinazione, forza quasi primitiva, una forza che mi ha permesso di strapparti più volte alla morte guardandola dritta negli occhi.

Ci siamo incontrati per amarci e stare insieme nella nostra diversità assolutamente complementare, ed è stato un colpo di fulmine che ci ha legato per non dividerci mai più dal primo momento in cui ci siamo guardati, e questo al di là della vita e della morte.

Per tutti questi motivi, e per molti altri, tu sei sempre accanto a me e nel mio cuore.
E questo, ricorda, non è un addio ma è solo un arrivederci.

Fonte: http://bettirossa.com/2016/02/02/caro-astrit-questo-non-e-un-addio-ma-un-arriverderci/


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