Parti in strada: “campanello d’allarme, il sistema rischia di implodere”

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L’analisi di Salvatore Geraci, responsabile dell’area sanitaria della Caritas di Roma, dopo i due episodi a San Pietro e in una stalla a Tor di Valle. “Non si riesce a far fronte a tutto il bisogno”. Preoccupa la “maggiore debolezza del servizio sanitario”

 

ROMA – Quello dei due casi di parto all’addiaccio nelle strade della capitale a poche ore l’uno dall’altro è un “campanello d’allarme per qualcosa di molto più grave. Se non riusciamo ad accogliere dal punto di vista sanitario le persone che devono partorire e che sono le più protette vuol dire che il sistema in genere corre il rischio di andare ad implodere”. È questo l’allarme lanciato da Salvatore Geraci, responsabile area sanitaria della Caritas di Roma dopo i due episodi di questi giorni che hanno visto due donne senza dimora partorire per strada. A breve distanza dal caso della donna che ha partorito su un marciapiede in piazza Pio XII a Roma, davanti al colonnato di San Pietro, infatti, nella giornata di ieri un nuovo caso, con una donna romena che ha partorito all’interno di una delle stalle abbandonate dell’ippodromo di Tor di Valle e che viveva col marito in un insediamento informale nella zona.

Due casi in rapida successione che hanno allarmato le realtà che a Roma si occupano di fragilità, soprattutto oggi che sono tanti e diversi gli attori impegnati al servizio dei più deboli. “A Roma c’è una grande offerta dal punto di vista socio assistenziale e sanitario – racconta Geraci – . Se vent’anni fa eravamo soli o eravamo in pochi, oggi c’è una grossa offerta che ha anche avuto la capacità di mettersi in rete realmente. Nonostante questo, però, non si riesce a far fronte a tutto il bisogno. Quindi è sicuramente aumentato e nel frattempo è diventato più complesso”. A pesare la crescente debolezza strutturale del sistema sanitario. “Da una parte i servizi sanitari si sono attivati maggiormente, ma nello stesso tempo c’è una debolezza strutturale maggiore del servizio sanitario – spiega Geraci-. È una bilancia strana: c’è maggiore sensibilità da parte degli operatori, ma a volte anche una maggiore chiusura dei servizi per una serie di motivi legati alla riduzione del personale, i piani di rientro e altro. Se si ragionasse in termini di governance, tenendo presenti anche le fasce più fragili della popolazione, si potrebbe fare di più di quello che si fa e situazioni come quelle di questi giorni forse potrebbero essere realmente evitate”.

Altro punto critico evidenziato dal responsabile dell’area sanitaria della Caritas romana è quello della “gestione dei casi complessi” ed anche delle dimissioni precoci. “Sempre di più le strutture sanitarie, anche in ambito di ricovero ospedaliero, tengono il minimo possibile e spesso non discriminano dal fatto se una persona ha una possibilità di alloggio, opportunità assistenziali – spiega Geraci -. Il problema critico lo troviamo soprattutto nelle dimissioni precoci, anche in persone in condizione di estrema fragilità sociale. In questo caso la città sicuramente non è attrezzata ad accogliere persone in condizione di fragilità sanitaria”. Difficile, però, dare una spiegazione a questi due casi così ravvicinati. “Forse si aspetta troppo per paura di andare in ospedale e vedersi rifiutati – aggiunge Geraci -. Tuttavia non ho mai trovato strutture ospedaliere con persone in gravidanza che vengono mandate via perché troppo presto se sono in condizioni di fragilità. Mi sembra che ci sia una sensibilità in questo senso”.

Dall’osservatorio privilegiato della Caritas, intanto, emerge anche un’evoluzione della fragilità dal punto di vista sanitario. “La popolazione sta cambiando, sia quella immigrata che italiana – specifica Geraci -. Per quanto riguarda gli immigrati, se qualche anno fa noi intervenivano soprattutto su persone che avevano problemi acuti, adesso sempre di più si trovano persone con problemi di cronicità e le persone più povere e più fragili hanno difficoltà ad accedere continuativamente a delle cure. Anche perché è difficile concepire che occorre prendere costantemente medicine anche se apparentemente non se ne ha bisogno, come nel caso del diabete o dell’ipertensione”. Diverso quello che è accaduto agli italiani. “Si è creata un’altra forma di fragilità – conclude Geraci -: abbiamo persone che hanno anche un reddito, ma che non riescono ad accedere ad alcuni farmaci. Abbiamo visto aumentare questo tipo di richiesta”. (ga)

Da redattoresociale


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