Arabia Saudita, Amnesty: in un giorno uccisi 47 prigionieri. Sale la tensione

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Tra i messi a morte anche il leader religioso sciita Nimr Baqir al-Nimr, “condannato a morte dopo un processo politico viziato da gravi irregolarità”. Un episodio che sta scatenando proteste diplomatiche e disordini. Tra gennaio e novembre 2015, in Arabia Saudita sono stati giustiziati almeno 151 prigionieri

 

ROMA – “Le autorità dell’Arabia Saudita hanno mostrato il loro profondo disprezzo per i diritti umani e la vita mettendo a morte in un solo giorno 47 prigionieri”. E’ quanto afferma Amnesty International, che analizzando il triste primato della giornata di ieri ricorda come “tra coloro che sono stati messi a morte il 2 gennaio figura il noto leader religioso sciita Nimr Baqir al-Nimr, condannato a morte dal Tribunale penale speciale dopo un processo politico viziato da gravi irregolarità. A parte lo sceicco al-Nimr e altri tre attivisti sciiti, gli altri prigionieri messi a morte erano stati condannati per aver preso parte ad azioni terroristiche di al-Qaeda”.

Sale la tensione. L’uccisione del religioso sciita ha fatto salire la tensione e infuocato i rapporti internazionali. L’Iran ha avvertito Riad che pagherà cara l’esecuzione di Nimr Baqir al-Nimr. Parole che hanno spinto l’Arabia Saudita a convocare l’ambasciatore iraniano a Riad. Ma non solo. L’ambasciata saudita a Teheran è stata preso d’assalta dai manifestanti che hanno appiccato fuoco all’edificio. Ed è stato assediato anche il consolato di Riad a Mashad nel nord dell’Iran. Il tutto mentre l’Arabia Saudita ha accusato Teheran di sponsorizzare il terrorismo.

“Le autorità saudite hanno dichiarato che le esecuzioni servono a combattere il terrorismo e a garantire la sicurezza. Ma quella dello sceicco al-Nimr lascia intendere che la pena di morte in Arabia Saudita sia anche usata, con la scusa della lotta al terrorismo, per regolare i conti e stroncare il dissenso” ha dichiarato Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. Lo sceicco Nimr al-Nimr era un fervente critico del governo saudita. Era stato condannato a morte nel 2015, insieme ad altri sette attivisti, per aver preso parte nel 2011 a proteste anti-governative nella Provincia orientale, a maggioranza sciita, e aver chiesto riforme politiche.
Aggiunge Philip Luther “Il 2 gennaio in Arabia Saudita è stato un giorno di sangue, con 47 persone messe a morte, alcune delle quali chiaramente condannate al termine di processi gravemente irregolari. Eseguire condanne a morte a seguito di processi dalla dubbia equità è un atto mostruoso e irreversibile. Le autorità saudite devono dare ascolto alle crescenti critiche della comunità internazionale e porre termine a questa ondata di esecuzioni”.

Tra le persone in attesa dell’esecuzione restano Ali al-Nimr, nipote dello sceicco al-Nimr, Abdullah al-Zaher e Dawood Hussein al-Maroon, tutti minorenni al momento dell’arresto, condannati a morte al termine di processi iniqui e dopo aver subito maltrattamenti e torture. “In primo luogo, le autorità saudite dovrebbero annullare la minaccia d’esecuzione nei confronti di persone condannate per reati commessi quando erano minorenni”, ha sottolineato Luther.

Il primato dell’Arabia Saudita. Il diritto internazionale vieta l’uso della pena di morte nei confronti di chiunque sia condannato per reati commessi a un’età inferiore ai 18 anni. L’Arabia Saudita è da tempo uno dei paesi che esegue più condanne a morte al mondo. Tra gennaio e novembre 2015, nel paese sono stati messi a morte almeno 151 prigionieri, il numero più alto dal 1995. In molti casi, gli imputati nei processi per reati che prevedono la pena di morte non hanno accesso a un avvocato e talvolta sono condannati sulla base di “confessioni” estorte coi maltrattamenti e con la tortura.

Da redattoresociale


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