L’eredità di Valeria e il futuro dell’Europa

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Mai avremmo pensato che questo nostro sventurato continente potesse rinascere da un funerale, benché questo sia avvenuto in una città il cui teatro si chiama “La Fenice”, uccello mitologico in grado di rinascere dalle proprie ceneri. E mai avremmo pensato, prima di seguire in diretta le esequie di Valeria Solesin, che dalla tragedia di questa povera ragazza potesse rifiorire un’idea di Europa diversa e radicalmente alternativa ai drammi cui abbiamo assistito lo scorso 13 novembre e anche a quelli dei mesi precedenti, tra le minacce di una Grexit, l’anti-europeismo xenofobo e populista al diapason e i ridicoli tentativi della Commissione più guerrafondaia e liberista di tutti i tempi di arginare il malessere sociale montante seguendo gli stessi dogmi e le stesse ricette economiche che ci hanno condotto nel baratro della crisi.

Mai avremmo creduto che nel momento in cui l’Europa ha rischiato davvero di sprofondare, vittima delle sue contraddizioni e dei suoi tentennamenti, il volto radioso e innamorato della vita di una giovane ricercatrice cittadina del mondo potesse restituire alle nostre ambizioni e ai nostri sogni la speranza di tornare a volare.

Questa è la grande eredità di Valeria, insieme ai suoi studi e al suo impegno al fianco di “Emergency”: le religioni che pregano insieme e ripudiano l’odio e la violenza, i simboli e i protagonisti delle varie fedi che si tengono per mano e rispondono ai terroristi con uno schiaffo più forte di qualunque insulso bombardamento, mostrando loro che la nostra superiorità non è militare ma morale, in quanto non deriva dalla nostra ricchezza o dal nostro maggiore progresso tecnologico ma dal fatto che non riusciranno mai a instillare nella nostra società quei germi di odio fratricida con cui vorrebbero dilaniarci.

E quando sostengo che l’unica generazione davvero in grado di sconfiggere il Daesh sia proprio quella di Valeria, che poi è anche la mia, non lo dico per presunzione o perché non riconosca l’importanza di un impegno comune e collettivo al servizio di quel magnifico miraggio che è la pace: lo dico perché so, vivo sulla mia pelle e apprezzo da sempre la meraviglia della società multietnica che giunge all’apice nei college delle vacanze-studio, nelle università piene di studenti in Erasmus, nelle strade delle capitali europee e in tutti i luoghi nei quali noi, figli dell’Europa di Delors, della Germania senza Muro, dell’euro e delle banconote con sopra disegnati i ponti dell’unità e della speranza, costruiamo ogni giorno quell’identità europea indispensabile per avere un ruolo, un senso e un progetto condiviso nel Ventunesimo secolo.

L’eredità di Valeria è, pertanto, il sogno di un orizzonte di pace e di bellezza, di apertura mentale, di lotta contro ogni pregiudizio, di attenzione verso i più deboli, di contrasto di tutte le ingiustizie e di affermazione dei princìpi di solidarietà, di uguaglianza e di sussidiarietà che ci rendono orgogliosi di vivere in questa parte del mondo, convinti però che solo la diffusione pacifica e globale dei diritti possa consentirci, un domani, di preservare il nostro benessere e le nostre straordinarie conquiste.
Forse è proprio per questo che l’hanno uccisa: per abbattere un simbolo, per impedire a questa colomba di volare, perché basta guardare una sua foto per vincere ogni tentazione di odiare e diventare come le belve del Bataclan, perché era bella e sensibile, Valeria, con la sua vita in fiore, il suo fidanzato e i suoi progetti per contribuire a costruire un mondo migliore e una società più giusta.
L’hanno colpita perché in lei tutti gli ideali che vorremmo veder trionfare in ogni angolo del pianeta, tutte le utopie cui tendiamo non erano vuota retorica ma concreta realizzazione di un progetto collettivo, speranza viva e vitale, prospettiva di progresso e di cambiamento, certezza di un avvenire più umano e dignitoso per tutti.

L’hanno colpita per impedirle di essere il cambiamento che avrebbe voluto vedere nel mondo ma, proprio per questo, non avranno il nostro odio, la nostra rabbia, la nostra chiusura gretta ed inutile e, di conseguenza, la nostra definitiva sconfitta. Avranno il nostro disprezzo, questo sì, ma soprattutto avranno come risposta tanti altri Inni alla gioia e tante altre Valeria Solesin pronte a costruire e rafforzare quell’orizzonte europeo di unione e fratellanza che è ciò che li spaventa di più, l’unico nemico col quale sanno di non poter avere la meglio.


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