L’addio a Valeria Solesin
tra parole di pace e di tolleranza

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Cosa abbiamo fatto per lei? Cosa abbiamo fatto per meritare una lezione d’anima così maestosa? Sotto il cielo di Venezia l’addio a Valeria Solesin si è tramutato nel luogo della vita, parole umane hanno indicato la via smarrita della tolleranza, della speranza, dell’amore, hanno sradicato via dalla terra le radici dell’odio come solo un vento di pace nutrito da una creatura che appartiene ai Giusti è capace di fare.

Nelle pupille di Alberto Solesin e Luciana Milani, i genitori di Valeria, c’è l’apice del bene, unire insieme il respiro degli uomini, il loro Dio, il loro credo, la loro preghiera nel tempo in cui le belve squarciano il mondo di morte è un miracolo di Bellezza, è Valeria.

La sua assurda, intollerabile assenza, così come quella di ogni vittima del male che sgomenta, è un vuoto di lacrime che le creature a lei care hanno riempito di fratellanza; musulmani, cristiani, ebrei, atei, un solo popolo di uomini, perché o si è liberi nella comprensione  oppure è impossibile essere.
Valeria è il cammino silente in cui ognuno di noi incontra l’altro, tessere insieme il filo della pietà e del rispetto è l’unico modo per trattenerla accanto, passo passo.
Cosa abbiamo fatto per lei?  Fino a oggi poco o nulla ma le parole di Osip Mandel’štam ci guidano nel più bello dei ricordi, ciao Valeria. “Lei dal suo mare non è ancora nata, lei è musica ed insieme parola: è il legame che mai si potrà sciogliere fra tutto ciò che vive nel creato”. (Osip Mandel’štam)

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