Deportazione, gender, minoranza… Le parole sono potenti

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Parole, parole, parole. La citazione, ormai vagamente sacrale che profuma d’incenso, non è certo sfuggita di bocca al primo Papa gesuita della storia della Chiesa, che ha avuto la sfrontatezza di farsi chiamare Francesco.  Che le parole abbiano un ruolo nella costruzione della realtà lo sappiamo da tempo e ce l’ha raccontato Bruce Chatwin nelle “Vie dei canti”.
Le parole sono potenti. Proprio per questo sarebbe utile farle depositare sul proprio significato per cercare di recuperare il loro rapporto originario –liquido fin che si vuole- con la realtà.

Abominio
. E’ un sentimento che suscita supremo disprezzo, rifiuto, ripugnanza, non di rado collegato a figure demoniache. Susanna Camusso, nel dicembre del 2014, ha definito il jobs act “un abominio”, ma adesso, quando l’occupazione, per vari motivi, sembra in  lieve crescita, potrebbe fare un mezzo sorriso e ammettere di essersi –forse- sbagliata nel suo giudizio di ispirazione biblica. Invece si contorce e mastica amaro ogni volta che i numeri suggeriscono che, bene o male, c’è una lenta e faticosa uscita dalla crisi.

Deportazione. E’ una parola terribile, che ha attraversato il lato più oscuro del Novecento, eppure è stata utilizzata con astiosa leggerezza per lamentare che molti precari di antica data diventeranno di ruolo lontano da casa, come se l’eterna migrazione da Sud a Nord non accadesse –purtroppo- fin dalla nascita dello stato unitario italiano. Adesso la scuola è iniziata, quasi 700.000 precari sono stati stabilizzati, i presidi (dirigenti scolastici) non hanno ancora iniziato a sparare sui professori, non tutti i problemi sono stati risolti e forse non lo saranno mai, i docenti riceveranno 500 euro per curare e documentare la propria formazione individuale, ma c’è chi annuncia già scioperi e parla di “marchetta”.

Gender. La parola è nuova e sembra minacciosa, anche perché la “teoria del gender” -che non esiste- secondo alcuni dovrebbe impadronirsi della scuola italiana, come il Protocollo dei Savi di Sion –inventato dalla polizia segreta zarista- ipotizzava un complotto ebraico e massonico per impossessarsi del mondo. Parole, parole, parole, alle quali il ministro dell’istruzione ha risposto con qualche imbarazzo, cercando di spiegare che il comma 16 della legge 107/2015 sulla Buona scuola «assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni». Niente da fare, la teoria del complotto –dal punto di vista mediatico- è molto più “divertente”.

Minoranza. Normalmente vorrebbe dire che non si è maggioranza e che in democrazia bisogna aspettare il prossimo turno. Ma in Italia le parole sono sempre un po’ più complicate. La sinistra italiana si è sempre sentita a disagio come “maggioranza” e così la minoranza del Pd ha fatto fuoco e fiamme e alla fine è stata in parte accontentata, ma chissà se considera ancora la parola “maggioranza” come una “parolaccia”?

Emendamento. Significa “togliere l’errore”, modifica, correzione, anche nel senso di “ripulire”. Roberto Calderoli, artefice sogghignante –nell’era Berlusconi-Bossi- del mostruoso “Porcellum”, che ha dato dell’ “orango” all’ex ministro Cécile Kyenge, che attualmente è un riverito vicepresidente del Senato, ha prodotto –sorridente ed orgoglioso- 85 milioni (ottantacinquemilioni) di emendamenti e solo alla fine –bontà sua- ha rinunciato alla stampa cartacea, che avrebbe consumato intere foreste, accontentandosi dei files.

Adesso, il senatore ghignante, sostiene di aver trovato una crepa nel regolamento (novecentesco) del Senato e non si rende conto che con il suo furbissimo algoritmo ha reso questa (ex?) istituzione talmente grottesca da meritare di essere chiusa, per evitare milioni e milioni di parole …inutili.


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