Crisi editoria, Radio Padania a rischio chiusura

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Dopo La Padania e Tele Padania, anche Radio Padania, la storica radio della Lega, trampolino politico di Salvini, è a un passo dalla chiusura. Tra smentite, debiti e veleni.

Cla.Vi.

La crisi dell’editoria e il taglio dei finanziamenti pubblici non risparmiano neppure la Lega. Dopo la chiusura del quotidiano La Padania e di Tele Padania, nel 2014, ora anche la storica Radio Padania, di cui è stato direttore Matteo Salvini e a cui il leader del Carroccio deve gran parte della sua ascesa politica, rischia di dover chiudere i battenti.

Tanti debiti nessun investitore
La radio affoga nei debiti – il “buco” si aggirerebbe attorno al milione di euro – , di investitori pronti a entrare e diventarne editori pare che non se ne vedano, così ci si è aggrappati alle sottoscrizioni popolari, che però non bastano. Già dall’estate scorsa una parte dei dirigenti leghisti con ruoli amministrativi pare fosse pronta a sostenere la vendita delle frequenze, che valgono ancora svariati milioni di euro.

Lo scoop di Italia Oggi, il servizio della Stampa e le smentite
La notizia della possibile cessione, o chiusura, l’ha data per primo il quotidiano economico finanziario Italia Oggi: “L’emittente sta per chiudere i battenti”, ha scritto. Perché, come ha spiegato il deputato Nicola Molteni, uno che si è trovato in casa la moglie senza più lavoro (Aurora Lussana, ultima direttrice de La Padania) “di danè ghe né minga”. Per anni la radio ha potuto contare sui milioni del finanziamento pubblico. Ma i rubinetti sono stati chiusi e oggi restano solo i debiti.

A luglio Andrea Manzoni, presidente dell’assemblea dei soci, ha illustrato una situa-zione di estrema emergenza”. La vicenda è poi stata raccontata dal quotidiano torinese La Stampa, con altri dettagli.

Ma Salvini smentisce: “La rilanceremo”
Ma il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, che non vuole certo passare per il segretario – e giornalista – che vede spegnere tutti i media padani, nega che si vogliano chiudere i battenti. “Qualcuno – ha dichiarato all’Ansa – si diverte, per danneggiare la Lega, a mettere in giro voci che io vorrei chiudere Radio Padania. Niente di più falso, è l’ultima cosa che farei, semmai è vero il contrario, intendo rafforzarla’. “Noi continueremo a trasmettere, ad andare avanti, alla faccia di un sacco di gufi, come Il Giornale di Berlusconi”, ha aggiunto lo stesso Andrea Manzoni. I redattori e il direttore, Alessandro Morelli, intanto lavorano per far cresce l’azionariato popolare, che sarebbe “non formale ma sostanziale”.

Serve un milione di euro per salvare la radio
Punta di diamante della propaganda leghista e trampolino di lancio di Matteo Salvini, che dopo esserne stato direttore ancora oggi appena può si precipita negli studi per lunghi fili diretti con la base, Radio Padania vive comunque una crisi serissima che ha varie cause ma soprattutto una: la graduale e inesorabile fine dei contributi pubblici. La crisi di Radio Padania, del resto, è anche la punta dell’iceberg della situazione del partito che, col nuovo corso salviniano, si mantiene alto nei sondaggi ma naviga a vista in attesa di certezze, soprattutto economiche.

La radio è la metà del bilancio della Lega
In via Bellerio si calcola che le entrate complessive si aggireranno nel 2016 intorno ai 2 milioni di euro. Cifra che, dopo i tagli del governo Renzi ai contributi pubblici ai partiti e soprattutto ai giornali di partito, potrebbe diminuire ulteriormente. Sono davvero lontani i tempi in cui solo il quotidiano La Padania incassava 37 milioni di euro di contributi pubblici, per il periodo 2003-2012.

Per questo motivo la missione di Salvini per salvare la radio potrebbe rivelarsi impossibile. Perché l’emittente, per sopravvivere, pare abbia bisogno di almeno 1 milione di euro, vale a dire quasi la metà degli introiti che in Lega si aspettano per il prossimo anno. I leghisti stanno perciò puntando sulla ricerca di nuovi investitori, o comunque su qualche imprenditore che possa dare una mano. Ma finora, pare, senza risultati.

E qualcuno punta il dito sui “giovanotti” del nuovo corso
Non manca neppure il “fuoco amico” in questa vicenda. In via Bellerio c’è chi punta il dito contro le scelte di Salvini che ha affidato la radio a un gruppo di “giovanotti”, il suo cerchio magico, invece che lasciarla nelle mani di Cesare Bossetti e Davide Caparini, che l’hanno fondata e am-ministrata sino a poco tempo fa. Anche per questo, nel partito, c’è chi rinfaccia alla nuova reggenza di non aver venduto in tempo le frequenze per incassare i milioni necessari per poter andare avanti.

Da voltapagina


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