Perché il sud va indietro

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Sono trascorsi più di centocinquant’anni dall’unificazione nazionale e il rapporto dell’Associazione Nazionale, nota come SVIMEZ, per lo sviluppo, fondata nel 1946 nel nostro Paese da un gruppo di industriali e uomini di finanza, attenti al destino nazionale, indica una situazione di scarsa attenzione alla questione meridionale. Il prof. Costantino Felice, docente di Storia  economica all’Università Autonoma di Barcellona e autore di un saggio prezioso “perchè il Sud è rimasto indietro” in un intervista resa ieri a Il Fatto Quotidiano ha così commentato il rapporto dell’Associazione” :”I soldi sono utilizzati male e i finanziamenti europei sono distribuiti a pioggia. Penso al governo Berlusconi che li destinò all’abolizione dell’IMU. E’ un problema creato dalla classe dirigente, politica e imprenditoriale nazionale.

Tutta l’Italia vive un declino iniziato negli anni Settanta, dovuto alla farraginosità burocratica nell’apparato pubblico e amministrativo: favorisce la corruzione e fa sì che per realizzare le grandi infrastrutture occorrano almeno  10 anni contro i 5 della media europea. Un caos tra appalti, ricorsi, corruzione, aumento dei costi, mentre i Fondi strutturali europei sono tarati su cicli di sette anni.” E a livello locale, gli chiede il giornalista: “Ci sono le antiche tare: l’amministrazione pubblica di tipo clientelare, la carenza di strutture e la criminalità organizzata più radicata.”

E sulle inflazionate differenze tra Nord e Sud ricordate dal giornalista, lo studioso aggiunge:” Il divario c’è sempre stato. Prima, però, quando l’Italia cresceva di più, il Sud riusciva a convergere. Era trainato da quello che definisco modernizzazione industriale o industrializzazioni passive: l e innovazioni vengono dall’esterno e le classi dirigenti si adattano. Ma cercano di lasciare immutati gli assetti socio-istituzionali. Non assimilano… L’imprenditoria al Sud è nata grazie all’intervento pubblico o con imprese finanziate dalla Cassa del Mezzogiorno .Non c’è stata crescita autonoma. Con le conseguenze che quando l’Italia smette di funzionare, il Sud paga di più. Per ristabilire la convergenza si potrebbe creare un’agenzia di tecnici che, con procedure straordinarie, superino i limiti  della pubblica amministrazione e gestiscano gli investimenti europei.  Non ha un’opinione differente Isaia Sales, autore di saggi indimenticabili sui rapporti tra i mafiosi e la Chiesa cattolica nel nostro Paese, che non si stupisce  che le figure più precarie del mondo del lavoro, giovani e donne, siano anche le più danneggiate.”

E alla domanda iniziale del giornalista sul rapporto Svimez che parla di “4,2 milioni di abitanti in meno al Sud nei prossimi 50 anni commenta:”E’ un dato terribile. Un tempo, pur se povero, “faceva figli”. C’erano cioè famiglie numerose. Nonostante l’emigrazione, l’alto tasso  di natività bi lanciava il numero dei risultati. Oggi, invece, se da un lato anche al Sud è subentrata la cultura che antepone il benessere economico, la carriera e il lavoro alla famiglia, dall’altro non ci sono le basi economiche e le possibilità per raggiungerli, Il Sud vive così una contraddizione: ha una mentalità nazionale ma non riesce a soddisfare i bisogni che ne derivano.” E quando il giornalista gli chiede se c’è bisogno dello Stato, risponde: “Da anni non c’è. E l’attuale governo non sa neppure dove stia il Meridione: Non un accenno di riforma ,non un intervento. Si crede che basti la ripresa del Centro-Nord per far ripartire anche il Sud. Ma  ad e esempio, l’efficienza della Germania è dovuta anche agli ingenti investimenti nelle aree dell’Est più arretrate: Non hanno certo aspettato che il Paese guarisse da solo.” E noi per ora facciamo come se l’Italia finisse a Roma o al massimo ad Eboli. ”

Non aggiungo commenti miei perché sono d’accordo con i due studiosi intervistati .


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