Caso Azzolini, una vicenda esemplare in un’Italia distretta

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Il caso del senatore Antonio Azzollini che nella popolosa città di Molfetta, che ho la ventura di conoscere bene, è stato per alcuni decenni l’uomo politico più importante sul piano del potere effettivamente esercitato in loco, merita un’ulteriore attenzione. Non solo perché ancora una volta il Senato della repubblica ha negato l’autorizzazione agli arresti domiciliari per l’ex presidente della commissione Bilancio del Nuovo Centro Destra (il partito che ha come leader  l’ex segretario di Berlusconi, l’on. Alfano) ma per le ragioni che hanno portato una parte ragguardevole dei senatori(189) del partito democratico a condividere le ragioni della difesa che si sono a loro volta divise tra il considerare la misura degli arresti domiciliari una “misura troppo debole” o stando addirittura all’intervento del senatore Tito Di Maggio che lo ha difeso dichiarando: “sono entrato nel suo ufficio, è pieno di libri e laddove c’è cultura non ci  può mai essere volgarità”.

Più solenne la difesa che ha tentato il senatore D’Ascola, sempre del Nuovo Centro Destra,che ha citato principi “dalla conservazione della effettività che la Costituzione assegna alla giunta per le immunità” fino alla “necessità di conferire al giudizio della Camera di appartenenza il necessario margine di autonomia rispetto a quello riservato al giudice” per salvare il collega di partito.

Ma molto dura ed efficace è apparsa d’altra parte la risposta del senatore Stefano al presidente del Consiglio Matteo Renzi che ha difeso i senatori democratici con la frase subito divenuta popolare sui mezzi di comunicazione più diffusi:”  I parlamentari non sono passacarte delle procure della penisola”. Parole – afferma il senatore di SEL che rappresenterebbero in un certo senso una intrusione di campo: “il presidente del Consiglio conservi equilibrio anche nei momenti di difficoltà e rispetti l’assoluta autonomia delle Camere in materia di immunità parlamentari.

Regole di correttezza istituzionale imporrebbero al presidente del Consiglio di astenersi da qualsiasi commento in una materia di interna corporis, in tal senso trovo particolarmente imbarazzante che il presidente Renzi esprima un punto di vista così  affrettato e superficiale espresso dalla Giunta del Senato e dagli stessi componenti della sua area politica che hanno votato compatti un’indicazione dopo aver esaminato con attenzione le carte.”

E il presidente della Giunta dà una spiegazione precisa della sua opinione ricordando che il senatore Azzollini uno dei motivi che provava il fumus persecutionis nei suoi confronti era legato al fatto che sia l’inchiesta sull’istituto della Divina Provvidenza(fondato e a lungo gestito  da Azzollini) che la presunta maxitruffa al porto di Molfetta (per cui è indagato) erano coordinate dalla procura di Trani. Ma il senatore Stefano ha osservato che “la cosiddetta indagine sul porto di Molfetta appartiene a magistrati diversi da quelli che hanno chiesto l’applicazione della misura cautelare e diverso è anche il giudice per le indagini preliminari che ha firmato l’ordinanza cautelare”. “C’è di più-ha ritenuto di dover aggiungere il senatore di Sinistra Ecologia e Libertà- poiché l’argomento incontra una ulteriore e definitiva smentita nel punto di vista espresso dal tribunale del Riesame, la cui composizione collegiale e persino autorevole, allontana la già lontana  possibilità di una congiura giudiziaria che avrebbe pervaso, a questo punto,il giudizio di ben sei magistrati, gli ultimi tre , è stato già detto, distanti anche topograficamente.     


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