Il cervello di Alberto Sordi – Tatti Sanguineti (La trattoria dei Fratelli Menghi)

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Regola numero uno per chi voglia fare cinema: tenersi accuratamente lontano dai critici e dalle facoltà teoriche sparse nelle Università italiane; e possibilmente diffidare delle scuole di cinema con la sola eccezione del Centro Sperimentale di Cinematografia.

Regola numero due: leggere il libro di Tatti Sanguineti “Il Cervello di Alberto Sordi” dedicato allo sceneggiatore Rodolfo Sonego. Un tomo di ben 578 pagine di puro godimento, stampato da Adelphi al prezzo di 26 euro (le scuole di cinema costano svariate migliaia di euro l’anno e sono assai meno formative). Per fare un film il mestiere si impara sul set; diceva anzi Stanley Kubrick. “Il cinema si impara facendolo”. In alcuni casi, pochissimi, da contarsi forse sulle dita di una mano, anche leggendolo, come nel cado di “Fare un film”, o “Intervista sul Cinema” di Federico Fellini. Sconsigliati i manuali tecnici o teorici, in particolare dei semiologi, i quali non sapendo in cosa consista la realizzazione di un film elaborano linguaggi inesistenti. Con Tatti Sanguineti, che ha sempre investigato in veste di archeologo sul campo, è invece molto facile assorbire l’anima del cinema, davanti e dietro le quinte; potendo assistere attraverso la pagina allo spirito delle riprese e spiando i tanti segreti –  impronunciabili! –  da cui esse prendono ragione e sostanza.

Acquisita la necessaria forma mentis, l’apprendista e il comune lettore sono al sicuro; potendo inoltre contare su un divertimento assicurato, zampillante, inesausto. A iniziare dal lungo capitolo in cui Sonego parla dei personaggi incontrati nella sua lunga carriera, tutti o quasi clienti della Trattoria dei Fratelli Menghi (in cui si segnava il pasto e si pagava a babbo morto), consultabili in ordine alfabetico.  Così l’edificio retorico innalzato intorno alla Settima Arte si sfarina come per incanto. Cesare Zavattini: “La sua teoria del pedinamento della realtà, aveva più a che fare con quell’astuzia contadina che gli era propria, piuttosto che con una vera e propria teorizzazione culturale”.  Luchino Visconti: “Era nato, cresciuto, aveva dormito nei palazzi dei principi. Era educato all’arte, era un arredatore. Perdeva giornate intere su una tenda che costava cento milioni di oggi, mandando in fallimento la Titanus. Il Gattopardo è un film ridicolo…”  Totò: “Un giorno un gruppo di giovani registi e sceneggiatori molto intellettualizzati andarono sul set a raccontargli una storia con molte parole difficili e anche un po’ astratte. Totò li ascoltò per circa un’ora intera in silenzio, approvando sempre, finché alla fine disse: “Beh, allora ragazzi, adesso vogliamo ritornare in sé?” Ugo Tognazzi: “La sua qualità principale consisteva nell’aver salvaguardato la sua normalità”. Antonio Pietrangeli: “Non era all’altezza delle sue aspirazioni”. La casa di Monicelli era piena di libri di filosofia, di sociologia, “come chi andasse cercando una spiegazione, come chi segue un’idea”. Silvana Mangano: “Era l’unica, fra le italiane, ad avere dietro di sé un mistero. Il mistero della strana coppia con Dino (De Laurentiis) è il Mistero di tutte le coppie di questo mondo. I Misteri della Camera da letto: non è possibile infilarcisi dentro, in nessun modo”. Giulietta Masina: “Giulietta degli spiriti. Anzi degli spiriti e dei turtlèn, dei tortellini”. Sophia Loren: “Ponti la teneva nel suo ufficio e non le aveva mai fatto fare niente. Dino Risi l’aveva soprannominata “Miss Anticamera”. Marlon Brando aveva detto di lei: “Se dovessi morire, evitate soltanto che quella venga a piangere sulla mia tomba con tanti fotografi attorno…” Sergio Leone: “Ricordo bene quando andammo a vedere Per un pugno di dollari: Allegra (la moglie) si addormentò, in America invece lo presero sul serio. La gente ti prende sul serio quando crede che tu ci arrivi con il cervello, invece Sergio Leone ci arrivava di vocazione e de panza”. O anche: “Quando lui veniva da me non veniva mai con una idea: veniva sempre con un primo piano”.  Ancora. “Sergio era come un ragazzo grasso di borgata, figlio del macellaio, tutto proiettato in una vita immaginaria…” Alberto Lattuada: “Nel giro del cinema romano, per via della bassa statura, era stato soprannominato “La piccola vendetta lombarda”.  Avevo frequentato casa sua per le riunioni de La spiaggia. Ti apriva la porta e poi ripassava la maniglia con del cotone imbevuto d’alcol. Si sedeva e diceva: “Volete del cognàc?” Poi apriva un mobile bar: “Peccato, è finito”. Grace Kelly: “Hitchcock teorizzava la superiorità delle attrici di sesso gelido e indiretto, “le donne di mondo bionde e sofisticate che diventano delle puttane in camera da letto”. Per saziarsi in piena regola bisogna risalire l’alfabeto a ritroso fino alla A di Giulio Andreotti; ma  poi soffermarsi a lungo su Alberto Sordi, di cui Sonego stando a Tatti Sanguineti era il ‘cervello’: “E’ un grande attore, è una pantera, e la pantera non ha bisogno di entrare in una biblioteca, ma fa dei giochi di equilibrio, dei salti incredibili, e a modo suo sa essere perfetta”. Proprio per questo merita un capitolo a parte. Il prossimo.


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