Sudan, a un anno dalla condanna di Meriam altri cristiani rischiano la pena di morte

0 0

E’ passato un anno dalla condanna a morte per apostasia di Meriam Ibrahim, la cristiana incarcerata all’ottavo mese di gravidanza e madre di un bambino di 20 mesi liberata sull’onda di una mobilitazione internazionale. E nell’anniversario di quella disumana sentenza due pastori evangelici rischiano la stessa pena capitale per motivi religiosi.

Nelle ultime settimane la loro posizione sembra essersi aggravata, ma sono in carcere da oltre cinque mesi.
David Yein Reith, pastore della Chiesa evangelica presbiteriana, è stato arrestato dagli agenti dei Servizi di sicurezza sudanesi il 9 gennaio mentre stava tornando da una riunione di preghiera alla sua abitazione situata in un’ala della Scuola biblica Gerif West Bible School a Khartoum.
Quindici giorni prima, il 28 dicembre 2014, dopo il culto domenicale, funzionari del Niss avevano prelevato in strada un altro pastore presbiteriano, Yat Michael, in visita nella capitale a una congregazione della Sudan presbyterian evangelical Church.
Da settimane la Khartoum Bahri church era stata presa d’assalto da una squadra della polizia locale che, il 2 dicembre, aveva ordinato la demolizione di parte del complesso di edifici e arrestato 38 membri della congregazione che, giudicati e multati, erano stati rilasciati nella notte insieme con altri 5 leader religiosi in carcere dal 25 novembre.
Gran parte degli abusi perpetrati a danno dei cristiani sono ‘giustificati’ dall’articolo 77 della legge del 1991 del Sudan sull’ordine pubblico che fornisce al Niss l’autorità e il potere di arrestare coloro che sono ritenuti responsabili di ‘disturbo pubblico’, che nei casi citati costituiva nel voler impedire che venisse distrutto un luogo di culto.

I casi dei due leader religiosi, seguiti dallo stesso avvocato della giovane sudanese, Mohaned Mustafa Alnour e denunciati da “Italians for Darfur”, sono al centro di un’interrogazione del senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti umani a Palazzo Madama, al ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Paolo Gentiloni.
Manconi attraverso l’interrogazione chiede alla Farnesina se l’ambasciatore a Khartoum sia a conoscenza della vicenda, se abbia notizie in merito alle condizioni dei due prigionieri e se siano stati rispettati i loro diritti.
Il senatore, inoltre, sollecita il Governo, “in considerazione dei buoni rapporti esistenti con il Sudan” ad esigere la tutela delle minoranze religiose, in particolare quelle cristiane, intraprendendo azioni concrete affinché sia rispettata la Costituzione, che garantisce la libertà di culto e dunque annulla il reato di apostasia previsto dalla Sharia.
Manconi nell’interrogazione chiede anche se il governo non ritenga opportuno promuovere, in collaborazione con l’Unione europea, iniziative di cooperazione a sostegno delle minoranze religiose in Sudan con particolare attenzione all’educazione, ed esercitare pressioni affinché il Sudan abolisca le leggi sull’apostasia.

In Sudan vige una interpretazione particolarmente rigida della legge islamica e la persecuzione dei cristiani si è intensificata da quando il Sud si è separato dal resto del Sudan ed è diventato uno Stato indipendente il 9 luglio del 2011.
Dal Nord Sudan sono stati espulsi gran parte degli stranieri non musulmani, sono stati compiuti raid in librerie cristiane, effettuate dai servizi di sicurezza incursioni nei luoghi di culto con arresti e minacce di morte ai leader religiosi sud sudanesi se non avessero cooperato nella ricerca di altri cristiani e demolite le chiese adducendo il pretesto che appartenevano a cittadini sud sudanesi fuggiti dopo la separazione dei due Stati.
Insomma una vera e propria persecuzione che non sembra destinata ad esaurirsi presto e che continua nel silenzio colpevole di chi finge di non sapere.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21