Palmira, l’inutile strage della bellezza

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Palmira è sola, anzi abbandonata nelle mani dei barbari dell’ISIS. Palmira e la sua poesia, Palmira e la sua bellezza, Palmira, antica città carovaniera, crocevia di culture, luogo d’incontro e di scambi commerciali. Palmira, probabilmente, a breve non esisterà più: i suoi monumenti saranno distrutti, le sue colonne, le sue sculture e la sua sacrale meraviglia sarà rasa al suolo da uomini intrisi d’odio, incapaci di comprendere il concetto stesso di bellezza, avidi di potere e di vendetta, desiderosi di trasformare il mondo in un unico, invivibile teatro di guerra.
È l’inutile strage dei nostri giorni, la Terza guerra mondiale differita di cui parla papa Francesco, nel silenzio assordante della comunità internazionale, ma è anche l’attuazione pratica di un principio ormai radicatosi in questo mondo senza dolcezza e senza umanità: conta solo il denaro, conta solo vincere, conta solo affermare la propria volontà di potenza nel presente, senza alcun rispetto per il passato, senza alcuno sguardo al futuro.
È orrore, è ferocia, è la maledizione di questi boia dei nostri tempi che decapitano e bruciano vite umane senza alcuna pietà; ed è la nostra indifferenza, il nostro voltare le spalle alla giustizia, il nostro guardare altrove, la nostra abitudine all’orrore, come se fossimo ormai mitridatizzati, incapaci di indignarci, di arrabbiarci, di pretendere dalle Nazioni Unite una risposta adeguata a difesa non solo del patrimonio artistico ma, più che mai, di ciò che esso rappresenta.

Perché crediamo, in quest’ondata oscurantista e meschina che ha ampiamente contagiato anche l’Occidente, che un luogo sia uguale con o senza i suoi punti di riferimento, con o senza le sue vestigia e le sue testimonianze, con o senza la cura, l’amore e l’attenzione verso ciò che tutto quest’universo di splendore antico e modernissimo rappresenta, senza accorgerci, poveri illusi, che un deserto non sarà mai un giardino e che il deserto che oggi abbiamo di fronte a noi non emana un fascino intenso e misterioso ma un acre odore di morte e distruzione.
Il deserto in questione è, infatti, il deserto dell’ignoranza e della devastazione, della malvagità gratuita, dello scarso, per non dire nullo, rispetto nei confronti degli intellettuali, delle offese rivolte a chi ancora si batte per conservare un senso di fraternità, un principio di uguaglianza, il valore imprescindibile della libertà e della dignità degli esseri umani, in questo tempo scosso da tumultuosi cambiamenti.
E finché non capiremo che è questo ciò che l’ISIS sta distruggendo, che non è solo un sito culturale o un patrimonio dell’UNESCO ciò che sta andando in frantumi ma l’idea stessa del nostro stare insieme attraverso i secoli e le diverse identità, finché non la smetteremo di considerare e ogni argomento indossando le lenti del più becero provincialismo e non volgeremo lo sguardo alle sofferenze altrui, considerando il popolo iracheno come nostro fratello nella sofferenza e nel dolore, finché l’unico a toccare da vicino questi temi e a gridare inascoltato contro quest’abisso di orrore sarà, per l’appunto, papa Francesco, finché questo sarà il contesto globale di disumanità nel quale siamo drammaticamente immersi, senza eccezione di sorta, avranno vinto i talebani, i jihadisti, i nemici dell’uomo e dell’umanità, coloro che si impongono sostituendo il diritto con la legge del più forte, coloro che fondano sulla prepotenza e sull’ingiustizia il proprio dominio e a perdere saremo tutti, a cominciare da quegli occidentali, purtroppo non pochi, che ancora si ostinano, cinicamente, a credere di poter dire: “A me che importa?”.


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