In ricordo di Silvia Del Pozzo

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La morte dell’amica e collega Silvia Del Pozzo non ci ha colte di sorpresa. Da tre anni Silvia lottava con caparbietà ed energia contro un tumore, ma solo negli ultimi giorni s’è dovuta arrendere.

Rachele Enriquez e Valentina Strada
La morte dell’amica e collega Silvia Del Pozzo non ci ha colte di sorpresa. Da tre anni Silvia lottava con caparbietà ed energia contro un tumore, ma solo negli ultimi giorni s’è dovuta arrendere. Non è retorico dire “con caparbietà ed energia” perché dalla diagnosi della malattia in poi, nonostante ripetuti cicli di chemio e altre terapie, Silvia ha continuato a condurre la sua vita di sempre: mai mancata un’anteprima teatrale (fino all’ultimo ha tenuto la rubrica di teatro sul mensile Style), un concerto o una rappresentazione alla Scala, una mostra, un film appena uscito (“Ho visto l’ultimo di Moretti, Mia madre: commovente, bellissimo”), una serata conviviale.

Silvia ha convissuto con la sua malattia con la consapevolezza di chi conosce bene ogni aspetto del suo nemico e con tutte le forze vuole neutralizzarlo. Negli ultimi mesi ha continuato a fare progetti: visitare Expo, fare un giro per la nuova Darsena. Ha perfino cambiato casa (con tutto lo stress che un trasloco comporta) per avere una stanza in più per la persona che, all’occorrenza, avrebbe dovuto accudirla. Come dire: un passo alla volta, la malattia avanza ma io mi attrezzo.

Silvia Del Pozzo era nata a Vicenza da genitori piemontesi. Le due componenti delle sue origini le hanno dato una sorta di doppia personalità. L’allegria, la disponibilità, la verve, il senso dell’amicizia nella vita privata. La caparbietà, il pragmatismo, il senso del dovere e un certo perfezionismo, fino alla pignoleria, nella professione. Dopo la laurea in Lettere all’università di Padova Silvia si trasferì a Milano ed entrò alla Mondadori.

Intanto, nei primi anni Settanta, anni roventi e dolorosi, ma sempre stimolanti, Panorama, in un continuo testa a testa con L’Espresso, era diventato il più importante newsmagazine del Paese, diretto dal mitico Lamberto Sechi. Il sogno di Silvia era scrivere e lo realizzò in breve tempo diventando giornalista professionista proprio a Panorama dove, in quegli anni epici, bisognava essere curiosi di tutto e saper scrivere di tutto. Silvia si fece presto notare per i suoi brillanti articoli sul teatro e sull’architettura, le sue due grandi passioni. Tra i personaggi intervistati: Luca Ronconi e Giorgio Strehler, Giulio Einaudi e Valentino Bompiani, Jeanne Moreau, Oscar Niemeyer e Renzo Piano, Tom Cruise, Woody Allen e Al Pacino.

Dopo l’esperienza di Panorama nel 1995 Silvia diventò caporedattrice di Carnet, nuovo mensile della Darp (De Agostini-Rizzoli Periodici) di divulgazione culturale, dove con pugno di ferro in guanto di velluto, ha fatto crescere una redazione di giovani giornalisti. Adesso Silvia non c’è più ma nessuno, è certo, la dimenticherà. E nessuno, amici, capi, colleghi, redattori e collaboratori dimenticherà mai anche le serate a casa sua con la sua stellare pasta e fagioli. Si faceva a pugni per essere invitati.


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