Il PD, le periferie e la politica che fu

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In attesa di vedere le possibili conseguenze elettorali del bonus pensioni da 500 euro, annunciato in pompa magna da Renzi, domenica, nel salotto di Giletti, la nostra attenzione non può che concentrarsi su quel campionario di orrori e misfatti che sono le liste di quasi tutti i partiti in vista delle imminenti Regionali.

A parte il Movimento 5 Stelle, che avrà pure mille difetti ma cui va dato il merito di continuare a portare avanti con coerenza una commendevole battaglia per l’onestà e la dignità della politica, quasi tutti i partiti, e in particolare le civiche satellite, sono imbottiti di personaggi che compongono un lombrosario davvero inqualificabile.

I migliori (si fa per dire) sono i trasformisti: voltagabbana, incoerenti, privi di una qualunque idea e visione politica, attratti unicamente dal potere e dai privilegi che esso garantisce ma, quanto meno, in alcuni casi, non invischiati in vicende giudiziarie che altrove stroncherebbero per sempre la carriera politica di chiunque dovesse incapparvi.

Il fascista che spicca in una civica a sostegno di De Luca, per dire, è un soggetto che si commenta da solo e col quale mi rifiuterei di prendere persino un caffè, ma per ora non risulta colpevole di alcun reato e, per quanto appaia fuori luogo vederlo  candidato in una lista a sostegno di un esponente politico che dovrebbe rappresentare il centrosinistra, credo che andrebbe inserito più nell’elenco degli invotabili che non in quello degli impresentabili.

Impresentabili, al contrario, sono i personaggi in odore di camorra, i sodali di noti ras locali oggi in carcere o che, comunque, hanno avuto parecchi problemi con la giustizia, quei gigli di campo che hanno indotto Roberto Saviano a parlare di “Gomorra nel PD”, scagliandosi non contro un singolo candidato ma contro un sistema mefitico, fatto di clientelismo, malaffare, compravendita di voti, attività al limite della legalità e, spesso, oltre; insomma, porcherie e nefandezze che hanno indotto la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, a passare al setaccio le singole liste, promettendo di render noti, prima del 31 maggio prossimo, i nomi dei soggetti dai quali lo stesso Renzi ha detto di volersi tenere alla larga.

E qui spicca la differenza di stile, di caratura politica e di spessore umano e culturale fra le due figure perché nessuno mette in dubbio l’onestà di Renzi ma è quanto meno singolare che il segretario di un partito che fu, in passato, di Berlinguer e Pio La Torre denunci la presenza di personaggi che non voterebbe “nemmeno costretto” nelle liste a sostegno dei suoi candidati, senza però dire chiaro e tondo a questi signori di farsi da parte, pena la rottura di quelle insostenibili alleanze.

Troppo comodo lanciare il sasso e nascondere la mano, troppo comodo invitare la gente a non votare per persone equivoche se non le si indica con chiarezza, troppo comodo gridare allo scandalo dopo che non si è mosso un dito di fronte alle accertate irregolarità verificatesi nel corso delle primarie liguri e dopo che per mesi fior di intellettuali e persino autorevoli esponenti del proprio stesso partito si sono sgolati chiedendo di rompere certe alleanze, di rivedere certi accordi e di porre un argine al salto sul carro del vincitore che, in assenza di competitori all’altezza, rischia di trasformare il PD non nel Partito della Nazione sognato da Renzi e dai suoi ma in un calderone nel quale i discutibili nuovi acquisti potrebbero finire col prevalere sulle persone oneste, coerenti e perbene.

Al che, qualche analista un po’ gufo è arrivato addirittura ad avanzare il sospetto, senz’altro malevolo e ci auguriamo di cuore infondato, che Renzi, il vicesegretario Guerini e lo stesso De Luca abbiano ammesso l’indecenza di certi candidati nella speranza di placare le acque e sopire le polemiche ma si siano ben guardati dallo sbattere fuori i medesimi per il semplice motivo che, senza di essi, sanno di avere assai poche possibilità di vincere.

E sempre i suddetti gufi hanno, di conseguenza, avanzato l’ipotesi che, pur di vincere, il nuovo corso renziano sia disposto a tutto, facendo strame non solo della “questione morale” di Berlinguer ma anche del buonsenso e del buongusto.

Noi, ovviamente, pur non giudicando positivamente Renzi e la classe dirigente che lo circonda, ci rifiutiamo di dar credito a queste insinuazioni e auspichiamo vivamente che loro stessi vogliano smentirle con forza, dimostrando con i fatti di essere gli eredi non solo di Berlinguer ma anche di Piersanti Mattarella, perché qui non è questione di comunisti o di democristiani, di destra, di centro o di sinistra ma di pulizia, limpidezza e fermezza da contrapporre ai miasmi che esalano da una politica ridottasi complessivamente a una fogna, senza particolari distinzioni fra Nord e Sud, fra regioni rosse e regioni bianche, benché ogni angolo d’Italia abbia le sue peculiarità e pur essendo noi fra i più convinti avversari del populismo e delle generalizzazioni.

Una cosa, tuttavia, ci sembra ormai assodata: di nuovo, in questo corso renziano, c’è assai poco. Le periferie, del partito e del Paese, sono infatti state abbandonate a se stesse, inevitabilmente alla mercé del notabilato locale che fa il bello e il cattivo tempo e condannate a vivere nel degrado e in una sporcizia che non è più solo quella derivante dall’immondizia sparsa per le strade ma anche quella che si trova negli uffici della raccomandazione perenne, nei comitati elettorali permanenti che spesso si trasformano in comitati d’affari e nel barbaro scambio tra favori e diritti, dove questi ultimi, di fatto, non esistono più e quello che dovrebbe essere preteso in piedi viene ad essere implorato in ginocchio.

D’altronde, lo abbiamo denunciato mille volte: qui non è solo colpa di Renzi; è proprio la politica a non esistere più, a non avere più alcuna ragione di esistere, non essendo innervata di ideali, valori, visioni del mondo, idee concrete e realizzabili e non potendo più contare su attori sociali in grado di trasformare il comprensibile malessere generale in una spinta propulsiva corale, capace di stimolare un sentimento collettivo di rinascita.

Peccato che nessuna società possa sopravvivere all’assenza della politica, a meno che non si voglia andare verso una svolta autoritaria di dimensioni mondiali che avrebbe come ovvia conseguenza l’annientamento dell’uomo e la sua trasformazione in numero, oggetto, cavia. E prima o poi, anche Renzi, qualunque sia l’esito delle prossime Regionali, fra un cinguettio e l’altro, dovrà occuparsi dell’argomento, sempre che non sia talmente presuntuoso da illudersi di poter uscire indenne dal tracollo definitivo della democrazia.


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