Il Papa e Castro diciassette anni dopo

0 0

Un altro papa e un altro Castro, d’accordo, ma l’incontro tra Raúl, fratello minore di Fidel, e Francesco, pontefice venuto “dalla fine del mondo”, segna probabilmente l’apice di quel percorso di dialogo, confronto e apertura iniziato diciassette anni fa con la visita di Giovanni Paolo II a Cuba e portato di recente a compimento dalla ripresa dei rapporti tra l’isola comunista e il gigante capitalista che le sta di fronte.
“Todos somos americanos” aveva asserito Obama a dicembre: “siamo tutti americani”, io, Bergoglio e Castro, accomunati dall’appartenenza ad un continente di cui per troppo tempo gli Stati Uniti si sono considerati gli unici signori e padroni, ignorando storia, tradizioni, diritti, dignità e prospettive delle altre popolazioni e, spesso, sostenendo, tramite la CIA, golpe sanguinosi come quello che spodestò Allende in Cile nel ’73, dando vita ad una delle più feroci dittature che si ricordino a memoria d’uomo.

Questo papato breve, stando alle affermazioni di Francesco, è riuscito dunque nell’impresa in cui avevano fallito i suoi predecessori, i quali pure si erano distinti per una gestione del soglio di Pietro meno dogmatica e intransigente rispetto al passato.
Con Wojtyla cadde l’ostilità totale della Chiesa verso il comunismo e a Cuba tornò la celebrazione del Natale e si concluse, finalmente, il mito di un ateismo più di facciata che realmente sentito dalla popolazione; con Ratzinger è caduta l’idea missionaria, che fu propria dello stesso Wojtyla, in base al quale il papa deve rimanere al suo posto fino alla fine, anche quando le forze non glielo consentono più e la sua fragilità rischia di costituire un freno al rinnovamento di un’istituzione globale, tanto grande quanto difficile da gestire; con Bergoglio, e grazie anche alla saggezza e alla lungimiranza di Obama, è andato in frantumi l’ultimo baluardo della Guerra fredda, l’ultimo simbolo di un mondo che, per fortuna, non esiste più, fatto di muri, ostacoli, barriere, ideologie alquanto discutibili e, quel che è peggio, segnato da un embargo che è costato al popolo cubano immani sofferenze.
La grandezza della Chiesa, e di papa Francesco in particolare, sta proprio nella sua capacità di tendere la mano a coloro che, apparentemente, risultano più distanti dal proprio pensiero e dalla propria visione del mondo. L’abilità di Obama è stata quella di approfittare del fatto di essere a fine mandato e di non avere più ambizioni presidenziali per dedicarsi ad alcune svolte epocali, soprattutto in politica estera, di cui la ripresa del dialogo con l’Iran e la distensione dei rapporti con Cuba costituiscono i fiori all’occhiello.

Talmente è stato forte l’impatto di questa visita di Castro in Vaticano che anche Renzi lo ha voluto incontrare, ben cosciente del fatto che una Cuba di nuovo al centro del mondo potrebbe costituire una straordinaria opportunità di sviluppo per le industrie italiane nonché un partner prezioso per dialogare con un continente, quello Latino-americano, destinato ad essere fra i protagonisti di questo secolo.
“Leggo tutti i discorsi del Santo Padre: se continuerà a parlare così, anch’io che sono comunista ricomincerò a pregare. E non lo dico per scherzo. Forse tornerò alla Chiesa cattolica”: parole incredibili, se si pensa che a pronunciarle è stato un uomo, Raúl Castro, nel cui partito è stato a lungo un tabù essere credenti.
Con l’annuncio del dicembre scorso, con lo storico incontro fra Obama e Castro in aprile e con la visita di oggi al Santo Padre, possiamo ufficialmente dire che il cerchio si è chiuso, che un secolo è finito, che un’ideologia barbara, quella reaganiana, è crollata e che anche il castrismo ha compiuto dei notevoli passi avanti.
L’importante, adesso, è che l’anziano Raúl e l’ancor più anziano Fidel si premurino di costruirsi una successione all’altezza, altrimenti l’ideologia della solidarietà e della fratellanza su cui, insieme a papa Francesco, vorrebbero fondare il nuovo corso delle Americhe rischia di spegnersi con l’esaurirsi di quest’importantissima fase storica. Comunque vada, una cosa tuttavia è certa: solo un uomo venuto dalla fine del mondo e distante anni luce dal neo-liberismo tuttora imperante in quest’Europa stupida poteva riuscire in una simile impresa.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21