Essere umano

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La paura è sempre alla base di qualsiasi pregiudizio. La paura che qualcuno metta in discussione le nostre certezze,gettandoci nel caos del dubbio, il timore che una diversità di pensiero mini l’ordine e dunque la stabilità della società…ma cosa è il pregiudizio? Lo dice la stessa parola: giudicare prima…ma prima di che? Prima di pensare, prima di capire, esercizio faticoso e tormentato.
17 maggio, Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, è una giornata di lotta (difficile, difficilissima) contro il pregiudizio non solo grossolano ,ma anche nascosto fra le parole che ogni giorno leggiamo o ascoltiamo nei telegiornali.

Un pregiudizio che l’Organizzazione Mondiale della Sanità , il 17 maggio del 1990 (ecco l’origine della scelta della data) iniziò a combattere eliminando l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Lo ha depennato dal Dsm4, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, un manuale internazionale per psichiatri e psicologi dove sono elencati tutti i disturbi mentali e i relativi sintomi.
Dunque, l’omosessualità non è una malattia mentale, non è una parafilia…Addirittura una giornata internazionale è dedicata ogni anno al contrasto dell’omofobia e della transfobia.
Anche il nostro presidente della Repubblica Sergio Mattarella oggi
ha incoraggiato “chi continua a battersi contro ogni forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale”. Mentre il presidente della Camera Boldrini, ha chiesto di “varare presto una legge per contrastare questo odioso fenomeno”.
Ma se leggi giuste sono il fondamento di una società civile, non sono purtroppo sufficienti a cambiare realmente il pensare comune, a distruggere stereotipi e pregiudizi. Se così fosse, diciamo la verità, avremmo risolto molti problemi…
La mentalità collettiva può liberarsi dai pregiudizi e dalle discriminazioni che ne conseguono, solo attraverso la cultura.
Non solo quella cultura che ci regalano i libri, bensì la cultura meno nobile, quella che arriva dalla tv, dalle riviste di vasta diffusione, e poi dai quotidiani e dai tg.
Basterebbe, raccontando un fatto di cronaca nera, non dire che “la vittima apparteneva al mondo gay”, alimentando un immaginario collettivo attorno a chissà quali perversioni. Quando qualche collega fa scivoloni più o meno volontari del tipo: “alla guida dell’auto pirata c’era un rumeno ubriaco”, in molti ci scandalizziamo (non tutti purtroppo) affermando che a nessuno viene in mente di dire “alla guida dell’auto pirata c’era un italiano ubriaco”. E allora perchè sottolineare che la vittima “apparteneva al mondo gay”? Avremmo mai detto che “la vittima era un eterosessuale”? Che mondo sarebbe poi, questo mondo gay? Basta rifletterci un attimo per cogliere l’idiozia di un pensiero che vuole giudicare le persone, che le cataloga a seconda della preferenza sessuale.
Nei tg e sui giornali, poi, spesso, proprio in occasione di giornate come quella della giornata internazionale contro l’omofobia, la bi-fobia e la trans-fobia o quella dell’orgoglio gay, nelle sfilate, nelle manifestazioni, preferiamo riprendere o fotografare la parte più folcloristica: drag queen, travestiti, giovani effeminati truccatissimi o donne dall’aria mascolina che si baciano fra loro.
Certo c’è anche questo, ma c’è anche della malizia nel mostrare solo una parte così teatrale di giornate come queste. Fa più audience, fa vendere di più i giornali, mostrare un volto maschile con parrucca e ciglia finte piuttosto che ragazzi vestiti normalmente e con un comportamento assolutamente tranquillo.
Così non facciamo altro che nutrire lo stereotipo e di conseguenza il pregiudizio. E il pregiudizio , lo sappiamo, è figlio dell’ignoranza.
Se chiediamo in giro, in un mercato o su un autobus, la differenza fra omosessuale, transessuale e travestito, in pochi sanno rispondere. Peggio che mai se chiediamo la differenza fra identità sessuale (determinata da fattori biologici) identità di genere (la percezione di se stessi come uomo o come donna) orientamento sessuale (se si è attratti da uomini, donne o entrambi).
Ma sapere poco è pericoloso. Ciò che è sconosciuto e diverso spaventa, dunque si emargina, si prende in giro, si discrimina.
E alla fine si odia, perchè si teme, un giorno, di scoprire di essere noi stessi “diversi” .
Dunque occorrerebbe un’attenzione maggiore al linguaggio, cercando di utilizzare termini appropriati, e un’accuratezza nella scelta delle immagini che noi come giornalisti mostriamo.
Non per nascondere, ma perché una manifestazione di gioia o anche di provocazione, non diventino il simbolo di un mondo che non esiste. Perché il mondo è uno solo. Che ci si senta uomini o donne a dispetto del nostro corpo, che si amino persone dello stesso sesso o di quello opposto, siamo tutti soltanto, inequivocabilmente esseri umani.


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