Strage di Ustica. Un “giudice di Berlino” alla fine si trova

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Narra, la leggenda, che il potente (e arrogante) imperatore di Prussia Federico II vuole a tutti i costi abbattere un mulino: gli rovina il panorama del suo nuovo castello di Sans Souci; un povero mugnaio, caparbio e ostinato, non ne vuole sapere, si oppone;  alla fine trova un giudice, a Berlino, che lo aiuta; così il mugnaio Davide vince contro il Golia imperatore.

In poche ore giudici come quello di Berlino se ne sono trovati a Strasburgo (per quel che riguarda la vicenda delle torture alla scuola Diaz nei giorni del G8 di Genova di quattordici anni fa); e a Palermo: la prima sezione civile della Corte d’Appello ha stabilito che quanto accaduto nei cieli di Ustica, quando il DC-9 Italia esplose in volo, causando la morte di tutti i passeggeri e dell’equipaggio, non è da  addebitare a cedimento strutturale (tesi che si volle accreditare nei primi giorni), e neppure a una bomba, che nessuno ha saputo dire dove sarebbe stata collocata, attentato che nessuno ha mai rivendicato, per un movente che nessuno ha saputo mai fornire. Il DC-9 che a quell’ora non deve trovarsi dove invece si trova (da Bologna è decollato con ore di ritardo) è da ritenersi piuttosto vittima di una sorta di battaglia aerea che coinvolge aerei di nazioni “amiche”, che anche loro sono lì, ma lì non dovrebbero essere, un via vai di velivoli che si cerca affannosamente di occultare, facendo sparire tracciati, documentazione, tacendo preziose informazioni; e si capisce: come si fa ad ammettere che non si ha il controllo del proprio cielo, come si fa a sostenere che un aereo civile è esploso in seguito a una battaglia aerea combattuta per di più da velivoli “amici”?

Perché c’è un giudice a Palermo? Perché un gruppo di familiari delle vittime hanno citato i ministeri della Difesa e dei Trasporti, ritenendoli responsabili per non essere stati in grado di assicurare adeguate condizioni di sicurezza al volo del DC-9. Tre sentenze hanno dato ragione ai familiari, e condannato i ministeri a un risarcimento di oltre un centinaio di milioni di euro. Risarcimenti che non restituiscono una sola delle 81 vite distrutte, non ripagano nulla del dolore provocato da quella strage; ma almeno sanciscono un principio di responsabilità.

Nei giorni scorsi l’Avvocato dello Stato si era opposto, chiedendo che non venisse corrisposto alcun risarcimento, e anzi, le spese legali venissero addebitate ai familiari delle vittime. E non si comprende bene a che titolo l’Avvocato dello Stato si sia mosso come si è mosso. Chi stabilisce che si tutelano gli interessi dello Stato opponendosi al risarcimento stabilito da quattro corti di giustizia, e che invece non siano da tutelare gli interessi dei familiari? Non fanno parte, loro, dello Stato? E’ una decisione autonoma, a chi ne risponde, chi gli ha detto di muoversi come si è mosso? Qualche chiarimento in merito sarebbe utile. Non foss’altro perché ci si potrebbe regolare in un futuro che non si sa mai.

Ad ogni modo per i giudici della Corte d’Appello di Palermo resta confermata la responsabilità dei due ministeri; ed è così la quarta sentenza. I giudici hanno dovuto prendere atto che per quel che riguarda il risarcimento da depistaggio sono scattati i termini della prescrizione; hanno però confermato il risarcimento da fatto illecito. Solo che non è stata scritta la parola fine: bisognerà attendere l’udienza del 7 ottobre 2015 per la quantificazione esatta del danno. Quando saranno trascorsi più di 35 anni dalla tragedia!


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