Mediterraneo: Bouazizi ci aveva avvertito

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Senza una politica mediterranea, tanto tardiva quanto indispensabile, sarà impossibile fronteggiare questa crisi epocale.
Molti di noi, non tutti purtroppo, osservano sgomenti il Mare Mediterraneo e la sfida che abbiamo davanti appare ormai impossibile da fronteggiare. Stati falliti, stati canaglia, organizzazioni schiaviste, bande di terroristi: come venirne a capo?

La portata epocale del problema ci era stata segnalata sul finire del 2010 da un venditore ambulante tunisino, Muhammad Bouazizi, che dandosi fuoco avvertiva il mondo: panislamismo e panarabismo sono ricette fallite, c’è un nuovo soggetto che chiede di essere visto, l’arabo ansioso di essere riscoperto come persona umana intestataria di inalienabili diritti.

Nessuna politica di ascolto e di partenariato è stata pensata, elaborata, tentata. Solo i regimi, minacciati da quella scelta senza via di ritorno, hanno saputo reagire, sfidandosi in una lotta per la vita o per l’impero: militarizzare tutto, reagire ovunque, per continuare a gestire un’economia di rapina e vivere.

Qui si è chiamato in ballo l’Islam. La civiltà islamica è nata intorno a un concetto, quello della comunità dei credenti, per sconfiggere la logica auto distruttrice della struttura clanica, tribale della società. Questo sistema ha consentito all’Islam di trasformare quel mondo, poi è arrivata l’ora dell’incontro con la modernità.

Proprio in quel momento purtroppo l’emergere dell’Arabia Saudita, sin lì periferia di un mondo che da secoli ruotava intorno a ben altri epicentri, ha interrotto questo cammino: solo l’interpretazione puritana e jihadista della fede ha consentito ai sauditi di interrompere le lotte tribali e impossessarsi di La Mecca, Medina e poi del petrolio. L’esportazione di questo modello però ha trasformato l’Islam da un meccanismo di trasformazione in un meccanismo di paralisi sociale e di arretramento oscurantista e feroce. Con il consenso degli Stati Uniti, che lo hanno usato per controllare il petrolio e abbattere l’Urss.

A quel punto a Tehran ha preso corpo la reazione rivoluzionaria uguale e contraria. La religione è divenuta strumento di una politica antagonista, contro gli Usa e i suoi lacchè sauditi.

Presi tra queste due follie, aggravate e scatenate l’una contro l’altra dall’invasione dell’Iraq nel 2003, gli arabi sono stati annientati come individui fino al 2010, quando molto di loro hanno detto “basta”. Ma nessuno li ha voluti ascoltare: la Siria e l’Iraq sono divenuti laboratori genocidari e la guerra tra gli opposti estremismi che usano la religione, sauditi e iraniani, ha prodotto quel che sappiamo: solo in Siria 12 milioni di sfollati.

Intanto altre piaghe si sono putrefatte, dall’Eritrea alla Nigeria. E’ difficile pensare di risolvere tutto con un ritardo simile. Impossibile senza elaborare una politica per il Mediterraneo.


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