Voli di linea: cala il numero dei morti, ma il “low cost” minaccia la sicurezza

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Secondo gli ultimi dati dello Iata, gli incidenti aerei hanno causato 939 morti nel 2014, contro i 2.010 del 2013. Ma i piloti denunciano: “L’aviazione è un business mozzafiato, in cui le pressioni finanziarie portano molti a volare oltre i limiti”

 

ROMA – In aereo, si vola sempre più sicuri, sebbene le notizie delle ultime ore non siano rassicuranti: lo dicono, però, i dati della Iata (International air tran port association), pubblicati nelle scorse settimane nell’ultimo report annuale. Precisamente, nel 2014 i morti in incidenti aerei sono stati 641, a cui vanno aggiunti e però le 298 vittime dell’abbattimento dell’aereo Malaysia Airlines in Ucraina (che però non è considerato un incidente aereo e le cui vittime, di conseguenza, non entrano nel conteggio). In ogni caso, meno della metà rispetto al 2013, quando i morti in aereo erano stati 2.010: numeri comunque bassi, se si pensa che, nello stesso 2013, le vittime di incidenti stradali erano state oltre 3.300. Le tecnologie sempre più raffinate garantiscono quindi una sicurezza sempre crescente ai passeggeri e ai piloti a cui si affidano. Negli ultimi cinque anni – sempre secondo la Iata – la media è stata di 517 morti l’anno. In calo anche il numero degli incidenti: 12 nel 2014, contro i 16 dell’anno precedente, con una media di 19 incidenti l’anno nell’ultimo quinquennio.

Ora, il tragico incidente di ieri (perché di incidente si parla, fino a questo momento), è il primo in cui è coinvolto un aereo di una linea low cost: un universo, questo del “volo per tutti”, messo duramente sotto accusa, ultimamente, da un’inchiesta realizzata dalla rete televisiva France 2, con interviste a passeggeri, piloti e rappresentanti di compagnie aeree. Ad emergere con particolare evidenza è il progressivo peggioramento delle condizioni lavorative dei piloti, sia dal punto di vista finanziario, sia dal punto di vista della sicurezza: propria e dei passeggeri. Raphael Engel e Laurent Negre, autori del servizi, riportano alcuni dati significativi: mentre negli Stati Uniti, a seguito di tragici incidenti aerei, il turno massimo lavorativo è stato fissato in nove ore e per le lunghe tratte è prevista la presenza di tre piloti, gli stessi accorgimenti non si sono ancora presi in Europa, dove il turno può arrivare regolarmente fino a 8 ore consecutive e, anche sulle tratte più lunghe, è sufficiente la presenza di due piloti. Con evidenti conseguenze sul livello di sicurezza, tanto dell’equipaggio quanto dei passeggeri a bordo.

Non solo: come denuncia il titolo dell’inchiesta, “Pay to fly”, i giovani piloti, ancora in formazione, spesso pagano per poter volare: affinché la loro licenza non perda validità, infatti, in attesa di esser assunti hanno l’obbligo di volare un certo numero di ore e sono disposti ad offrirsi come “copiloti volontari”, o addirittura a “comparsi un posto in cabina”. Ma sono soprattutto le condizioni di sicurezza sul lavoro che maggiormente destano preoccupazione: un pilota racconta di “un turno durato quattro giorni, in cui ho dormito complessivamente dieci ore”, mentre altri due ricordano il volo del capodanno 2013, quando hanno totalizzato complessivamente 50 ore di volo in 5 giorni. Tutto previsto, d’altra parte, dalle nuove “Flight time limitations”, approvate nell’ottobre 2013 dall’Agenzia europea sulla sicurezza aerea, sebbene la Commissione Trasporti appositamente istituita dal Parlamento Europeo abbia espresso il proprio parere tecnico sulle nuove norme, rigettandolo in quando potrebbero diminuire i livelli di sicurezza che i cittadini si aspettano. Ma “l’aviazione è un business mozzafiato – commenta uno dei piloti intervistati da Engel e Negre – E le pressioni finanziarie portano molti a volare oltre i limiti”. (cl)

Da redattoresociale.it


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