La ndrangheta all’Expo e l’Isis al Colosseo

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Se chiedessimo a un osservatore straniero appena arrivato in Italia che immagine ha ricavato dai principali mezzi di comunicazione del Paese in poche battute, correremmo il rischio di sentirci rispondere sinteticamente con il titolo che ho dato a questa nota: un Paese devastato dagli attacchi continui delle mafie e di quella calabrese (la ndrangheta ) in particolare che mette le mani perfino in quella che è la vetrina nazionale oggi e nei prossimi mesi, cioè l’EXPO che si apre il primo maggio prossimo in quella che è stata per molti decenni la “capitale morale” prima che l’inchiesta sulla corruzione pubblica e privata togliesse molte illusioni coltivate da tanti italiani nella loro storia. Ma anche un Paese che corre il rischio di diventare, magari non proprio oggi ma tra qualche tempo, bersaglio del terrorismo internazionale che si rifà, più a torto che a ragione questo lo sappiamo, alla profezia di Maometto  e, più in generale, all’islamismo.

La Direzione Nazionale Antimafia presentata a Roma il 24 febbraio scorso ha rivelato che su cento milioni di lavori imprese, poi colpite dalle interdittive antimafia della Prefettura di Milano, l’associazione mafiosa calabrese nota come la ndrangheta ha messo le mani. Le “infrastrutture stradali” sono il settore più colpito nell’assalto mafioso e la maggioranza delle ditte interessate ha la sede in Lombardia. Del resto, secondo la relazione già citata, le ndrine milanesi hanno “acquisito un certo grado di indipendenza rispetto all’organizzazione di origine, con la quale hanno peraltro continuato ad avere rapporti” Gli ndranghetisti  milanesi, residenti ormai al nord da più generazioni, dimostrano ormai una tale conoscenza del territorio, sviluppata attraverso molteplici rapporti con le realtà locali, in grado di garantire una totale pervasività nelle dinamiche decisionali  della politica e della pubblica amministrazione.”

Del resto, a parte undici imprese provenienti dal Mezzogiorno (una dalla Campania, sei dalla Calabria  e quattro dalla Sicilia), le altre 35 imprese coinvolte hanno sede al Nord, venti in Lombardia, nove in Emilia Romagna e tre in Piemonte. E di queste 35 ben 32 sono risultate “infiltrate” dalla ndrangheta.

E proprio ieri il fantomatico stato del terrore altrimenti noto come ISIS ha inviato via Twitter  una minaccia propagandistica che è arrivata come inserita nella lista nera del collettivo hacktivista Anonymous . Difficile è capire se la sparata mediatica sia collegabile a minacce precise e concrete. Ma è la prima volta che nella propaganda jiadista la bandiera nera viene issata sul Colosseo piuttosto che sul Vaticano come era avvenuto in precedenza essendo la sede del papato cattolico il tradizionale bersaglio dell’ISIS. Certo è che il portavoce dell’ISIS Isis Adnani dallo scorso settembre parla concretamente della Città Eterna, cuore cristiano dell’Europa e sede del Vaticano come un obbiettivo dei terroristi.       


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