Libertà di stampa, Italia giù. In attesa di sprofondare con la legge sulla diffamazione

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L’associazione internazionale Reporter sans frontieres, che ogni anno pubblica un autorevole rapporto sulla libertà di informazione nel mondo, ha retrocesso l’Italia al settantatreesimo posto, perdendo cosí oltre venti posizioni rispetto al 2013. Peraltro, da oltre un ventennio, l’Italia occupa una delle ultime posizioni in Europa, insieme all’Ungheria e alla Bulgaria.

Questa poco gloriosa “maglia nera” discende dalla mancata risoluzione del conflitto di interessi, dalla assenza di vigorose norme Antitrust, dalle continue interferenze di governi e partiti sulla Rai. A queste anomalie si è aggiunta, o meglio ha preso ancora più evidenza, l’aggressività delle mafie e dei loro protettori. Grazie al lavoro continuo ad appassionato di Alberto Spampinato e di Ossigeno, i relatori del rapporto hanno preso coscienza della diffusione e della gravità delle minacce mafiose.

Alla lunga di lista delle vittime del passato, bisogna aggiungere i dodici cronisti costretti attualmente a vivere sotto scorta per aver “osato” illuminare la penetrazione mafiosa a Roma, in Emilia, in Calabria, a Latina, a Milano, in Sicilia…A questo tipo di minacce si deve aggiungere l’uso delle cosiddette “querele temerarie” diventate ormai uno strumento di intimidazione quotidiana e preventiva.
Chiunque voglia ostacolare un’inchiesta “pericolosa” preannuncia una richiesta di danni penali e civili, accompagnata dalla minaccia di risarcimenti milionari con l’obiettivo di indurre alla censura o alla autocensura. Questa pratica è stata piú volte denunciata su questi blog, tra gli altri, da Guido Scorza, Fulvio Sarzana e Arturo Di Corinto.

La situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi se la Camera dovesse approvare la nuova legge sulla diffamazione che, con la scusa di levare il carcere, tende ad introdurre norme pericolose e di difficile applicazione in materia di rettifica, di diritto all’oblio, di entità delle sanzioni pecuniarie. Per di piú, nonostante la pressante richiesta di tanti cronisti non è stata prevista alcuna norma per contrastare o almeno contenere il fenomeno delle cosiddette “querele temerarie”, anzi al Senato sono stati respinti gli specifici emendamenti presentati da Felice Casson.

Chi continuerà ad usarle come una clava, in caso di archiviazione o di sconfitta, continuerà a non pagare nulla per aver “molestato” l’articolo 21 della Costituzione ed aver ostacolato il diritto dei cittadini ad essere informati. Raffaele Lo Russo e Santo Della Volpe, segretario e presidente della Fnsi, il sindacato dei giornalisti, hanno preannunciato la loro opposizione. Articolo 21 sarà con loro e con tutte le associazioni che hanno firmato l’appello predisposto dal professor Stefano Rodotà e che vi chiediamo di sottoscrivere, prima che quel testo diventi legge, facendo rotolare ancora piú in basso l’Italia nelle graduatorie internazionali in materia di libertà di informazione.

* da “Il Fatto Quotidiano”


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