Una questione di dignità

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Ogni volta che un qualche leader di sinistra, o sedicente tale, ottiene una qualche vittoria all’estero, scatta subito, alle nostre latitudini, un irrefrenabile desiderio di emularne le gesta. Facciamo come Blair, poi come Schröder, poi come Zapatero, poi come Obama, poi come Hollande e infine, negli ultimi giorni, siamo diventati tutti greci e sostenitori di Alexis Tsipras.

Poi torniamo con la mente in Italia, ci guardiamo intorno e ci rendiamo conto che il nostro sfrenato provincialismo ci induce ad essere grandi difensori della libertà di satira e d’espressione in Francia, dunque “siamo tutti Charlie”, e grandi difensori delle virtù democratiche in Grecia, e dunque tutti con Tsipras, con l’esempio di Pericle, con il valore straordinario della democrazia ateniese e con l’esaltazione del connubio tra cultura, socialità, solidarietà e una sinistra finalmente moderna, innovativa e autonoma sul piano della proposta e dell’iniziativa politica, salvo poi accettare passivamente o, addirittura, elogiare qualunque inciucio con una delle peggiori destre europee al grido di “non ci sono alternative”.

Ed eccoci di nuovo in Italia, paese in cui un noto pregiudicato, già piduista, amico intimo di personaggi che o dimorano nelle patrie galere o sono pluri-indagati per reati gravissimi, non solo riforma la legge elettorale, varando un obbrobrio sconosciuto in Occidente, ma mette le mani anche sulla Costituzione, oltre ovviamente a risultare decisivo per l’elezione del Capo dello Stato e per la tenuta della maggioranza.
Eccoci di nuovo in Italia, paese in cui un personaggio che ha fatto della capacità comunicativa e della rapidità d’esecuzione le sue armi migliori, senza un minimo di approfondimento, riflessione e ascolto di chi la pensa diversamente e si batte per un modello di governo meno sbrigativo e più rispettoso delle minoranze, non solo governa di fatto senza opposizione ma si prepara, in futuro, ad esercitare un dominio totale sulle istituzioni, ponendo in pratica fine alla stagione della democrazia parlamentare stabilita dai costituenti.
Eccoci di nuovo in Italia, paese in cui deputati e senatori del partito di maggioranza relativa sono stati eletti con un mandato ben preciso, per fare l’esatto opposto di ciò che stanno facendo, a cominciare dalle alleanze, ma giustificano quest’intollerabile voltafaccia nei confronti della volontà degli elettori con argomentazioni per cui ci sarebbe da ridere se non ci fosse, invece, da piangere di fronte a una simile mancanza di coerenza e attenzione verso le richieste di quel popolo che sempre quella vetusta carta straccia chiamata Costituzione vorrebbe “sovrano”.
Eccoci di nuovo in Italia, paese in cui la minoranza dem, pur coraggiosa nelle sue battaglie e dignitosa nelle sue denunce e nella sua non partecipazione al voto su Italicum e riforma del Senato, non trova la forza di abbandonare un partito che ormai di sinistra non ha più nemmeno l’ombra.
Eccoci di nuovo in Italia, paese in cui il Presidente del Consiglio è talmente contrario ai piccoli partiti che si fa dettare la linea economica da Scelta Civica, confinata dagli elettori allo zerovirgola, e la linea sul lavoro dal Nuovo Centrodestra, formazione che ha avuto bisogno di allearsi con quel che resta dell’UDC per superare la soglia del 4 per cento alle Europee.
Eccoci di nuovo in Italia, paese in cui un movimento nato non sulla rete, come credono Grillo, il Guru e i parlamentari a loro fedeli, ma dalla rabbia, dalla delusione e dall’esasperazione dei cittadini nei confronti di una politica ritenuta lontana, corrotta e inefficiente, ha di fatto congelato l’incredibile risultato ottenuto due anni fa, costringendo Bersani alla resa, favorendo il consolidamento delle larghe intese e relegandosi in un’opposizione tanto sterile quanto spesso volgare e controproducente.
Eccoci di nuovo in Italia, paese in cui ieri è stata approvata una legge elettorale che, come detto, non solo è sconosciuta nelle altre democrazie occidentali ma è anche una fotocopia peggiorativa dell’orrendo Porcellum cassato dalla Consulta, preludio alla riduzione del Senato a un dopolavoro per consiglieri regionali in gita premio e allo stravolgimento dello spirito di una Costituzione che il mondo ci invidiava e che noi, da vent’anni, adducendo motivazioni per le quali ci sarebbe da vergognarsi se ancora sapessimo cos’è questo sentimento, abbiamo provveduto a indebolire e, infine, sfigurare passo dopo passo.
Eccoci di nuovo in Italia, paese in cui Prodi e Rodotà non possono diventare presidenti della Repubblica perché contrari al Patto del Nazareno ma, in compenso, una compagine di governo con il culto dell’uomo solo al comando può occuparsi tranquillamente di questioni che non sarebbero di sua pertinenza, a spese di un Parlamento ben contento di farsi calpestare nelle proprie prerogative, essendo per lo più composto da una classe dirigente inesperta e, in alcuni casi, palesemente inadatta a ricoprire un ruolo di tale responsabilità.
Eccoci di nuovo in Italia, paese in cui non c’è bisogno di uno Tsipras o di una Syriza ma, innanzitutto, della riscoperta di un principio, quello della dignità, senza il quale la sinistra e la democrazia sono destinate a soccombere.


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