Mattarella nel nome di Scalfaro

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Mattarella nel nome di Scalfaro
Tralasciamo le rivendicazioni dei presunti vincitori e il rammarico dei presunti sconfitti, tralasciamo polemiche ed equilibri interni ai partiti e diciamo subito che, con l’elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica, è stata scritta una delle pagine più belle della recente storia italiana. Per una volta, ha vinto il Paese, le sue istituzioni, la sua cultura democratica e la Carta costituzionale, onorata al meglio proprio mentre la si vorrebbe stravolgere e sfregiare nello spirito e nei significati più profondi.
E parliamo di Sergio Mattarella, figlio di un democristiano doc come Bernardo Mattarella e fratello di Piersanti, il giovane presidente della Sicilia assassinato dalla mafia nel 1980 perché voleva strappare il dominio dell’isola dalle mani di quella borghesia mafiosa, parassitaria e spregevole, che continua tuttora a considerare la politica come un mero strumento per condurre in porto i propri loschi affari. Piersanti Mattarella, al contrario, era impregnato di una sincera onestà e di un’ammirevole cultura delle istituzioni, rispettoso della nobiltà che sempre dovrebbe avere la politica per essere davvero la voce degli ultimi e degli esclusi, dei deboli e di chi vive ai margini e solo attraverso un impegno attivo e costruttivo può riscattarsi e riscattare la propria categoria, la dignità e i diritti degli oppressi, altrimenti condannati alla mancanza di ascolto e a una silenziosa sconfitta dalle conseguenze imponderabili. Cadde, dicevamo, sotto i colpi dei killer di Cosa Nostra e fornì, morendo, lo stimolo al fratello Sergio a prendere il suo posto, a impegnarsi in prima persona per non darla vinta all’inciviltà della violenza e alla barbarie di chi pensa che ogni uomo sia in vendita e sia disposto a scendere a patti con la feccia che strangola la speranza del nostro Paese e di una terra meravigliosa e maledetta, da sempre infestata da una classe dirigente non all’altezza e prona a interessi che costituiscono la negazione stessa della politica e della sua ragione di esistere.
Questo è Sergio Mattarella: un cultore della Costituzione, un cattolico intransigente, un innovatore mite e silenzioso, un uomo schivo e rispettoso del prossimo, un costruttore di relazioni sociali e rapporti che vanno al di là della battaglia politica o del singolo schieramento, il che stride incredibilmente con la sguaiataggine, la volgarità e la pochezza nelle quali siamo immersi in questa triste stagione.
Chi lo conosce bene sa che è l’antitesi del thatcherismo dominante da almeno trent’anni e del berlusconismo cui giustamente si oppose in più occasioni, considerandolo portatore di un modo di approcciarsi alla cosa pubblica inadeguato e pericoloso per la collettività.
Per questo, se dovessimo tracciare un paragone fra il modello di presidenza che ci accingiamo a conoscere e un esempio del passato, ci viene in mente Oscar Luigi Scalfaro: tenace nel difendere la Costituzione e le istituzioni dall’anti-politica di governo che oggi ci sembra naturale ma, all’epoca, veniva considerata, a ragione, un’intollerabile anomalia e in grado di creare un rapporto di fiducia e sintonia con il Paese in anni segnati da una crisi politica non meno grave di quella attuale, dal sangue di Capaci e via D’Amelio, dal rischio di un collasso della lira e dall’ascesa di una serie di personaggi che hanno segnato in negativo il ventennio alle nostre spalle, lasciando sul terreno cumuli di macerie e diffondendo i germi di un’incultura politica e istituzionale che ha trasformato il confronto in scontro e la discussione in un’arena selvaggia e immorale che sprofonda, ogni giorno di più, nel fango della corruzione, degli scandali e dell’abbandono di quei ceti sociali che dalla buona politica non possono prescindere, a meno di non voler dar vita a un contesto sociale talmente iniquo da risultare assolutamente insostenibile.
E costituisce anche il riscatto della sinistra, dopo trent’anni di “cultura dello scarto”, per citare una bella espressione di papa Francesco, molto applaudita e per nulla compresa nel suo significato intrinseco: il riscatto di una sinistra troppo a lungo subalterna ai dogmi del liberismo, troppo a lungo schierata dalla parte dei più forti, troppo a lungo tentata dalle sirene del successo, della fama e della ricchezza, troppo a lungo intenta a raccontare le belle storie di chi può andare avanti senza alcun aiuto e troppo distante dalla tragedia delle periferie in cui brucia il malcontento, dai CIE in cui si consuma la tragedia degli ultimi del mondo, dai conflitti sociali e dai ceti impoveriti dalla crisi, troppo chiusa nei palazzi per rendersi conto dei cambiamenti in atto e assolutamente incapace di elaborare una visione socio-economica all’altezza del dramma in cui siamo immersi e della società con la quale dobbiamo confrontarci in questo primo scorcio del Ventunesimo secolo.
Per questo, in conclusione, da quest’uomo sobrio e riservato ci auguriamo che possa offrire un contributo prezioso alla ricostruzione del sistema politico e alla rinascita dell’empatia necessaria fra cittadini e istituzioni, che sappia opporsi alla deriva anti-costituzionale cui assistiamo da anni e che riesca a far comprendere a tutte le forze politiche la necessita di dotarsi di un’ideologia contemporanea, di un confronto interno rispettoso e fecondo e di una classe dirigente in grado di adempiere “con disciplina e onore” al gravoso compito cui è chiamata. Non sarà affatto facile ma il soggetto in questione ha il profilo e l’esperienza adatta per riuscirci. Buon lavoro Presidente!


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