Medioevo Condicio

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“Nemico pubblico” è un film del 1998 di Tony Scott, assai prefigurante nel descrivere i pericoli del sesto potere che tutto controlla e sorveglia. E la guerra cibernetica incombe, come si è visto in questi giorni. Ecco, sono questi grandi temi della contemporaneità. Al contrario, in Italia il problema sembra essere la legge del febbraio 2000 sulla “par condicio”, di cui periodicamente –da ultimo se n’è occupato il Consiglio di Stato- si chiede l’abrogazione. In verità, quel testo (ben altro ci vorrebbe: una seria legge sul conflitto di interessi, una rigorosa normativa antitrust, la riforma della Rai, la neutralità della rete…) è stato abrogato di fatto.

Come è finita in soffitta la risoluzione della commissione parlamentare di vigilanza sulla presenza di esponenti politici nei programmi, da evitare laddove non si tratti di informazione in senso stretto. “L’eclissi della regola”, così si intitola l’editoriale di Michele Ainis uscito sul Corriere della sera di ieri, che ben si addice alla questione. La citata sentenza del massimo tribunale amministrativo invita a privilegiare la qualità sulla quantità, la sostanza del discorso sul conteggio dei minuti attribuiti a questo o a quello. Adelante con juicio, per dirla con il personaggio del Manzoni. Perché –in assenza di un regolazione adeguata del sistema- la “par condicio” è l’unico straccio di legge in vigore, che tutela il pluralismo e la comunicazione politica, indipendentemente dall’entità delle forze in campo. E’, del resto, una delle basi della democrazia.

Tra l’altro, il Centro di ascolto dei radicali aveva ben impostato le tabelle, scegliendo di verificare l’audience ottenuta piuttosto che il mero computo cronometrico. Purtroppo, il Centro è chiuso per mancanza di risorse: non vogliamo avviare una campagna per riaprirlo? E’ in corso un vero e proprio tsunami, che fa impallidire persino lo spettacolo berlusconiano. Renzi “Re-media” ha raggiunto vette inimmaginabili e supera qualsiasi precedente. Dai dati dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni emerge che nel mese di novembre il responsabile dell’esecutivo ha avuto quasi il 22% nei telegiornali del servizio pubblico del tempo complessivo dedicato ai soggetti istituzionali e circa il 20% nelle news di Mediaset, oltre il 21% in quelle di Sky e più del 25% nel tg de La7. Per non dire delle presenze a “In Mezz’ora”, a “Bersaglio mobile” e – da ultimo-  a “Che tempo che fa”, per citare solo alcuni dei contenitori interessati. Fino al caso, persino imbarazzante, dell’ “ospitata” allo show condotto da Antonella Clerici e Bruno Vespa “Un mondo da amare” (4 milioni e 72mila persone all’ascolto), brillantemente chiamato da Andrea Scanzi su il Fatto Quotidiano “Cinegiornale Luce 2.0” : in contrasto completo con le previsioni della evocata delibera della commissione allora presieduta da Claudio Petruccioli.

E’ proprio il tramonto delle regole? Tra l’altro, la nuova legge elettorale nulla contiene al riguardo? E se ai premi di maggioranza si aggiungesse il maggioritario televisivo, l’Italia –già al 49° posto nella graduatoria sulla libertà di informazione- precipiterebbe nel Medio/a Evo. Berlusconi indubbiamente ha fatto scuola, eccome. In ogni convegno si alza il coro “Noi faremo come la Bbc” (quasi con l’enfasi –dal dramma al grottesco- del canto del primo Novecento “Faremo come la Russia”): da un paese-guida all’altro. Quando mai.  Ve l’immaginate Cameron in un format della Bbc con una coppia omologa di Clerici-Vespa? O la Merkel alla Ard? No, in occidente non usa.


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