Malitalia. Il trionfo dell’ingiustizia

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Dopo decenni che nelle Accademie di Belle Arti italiane si era proceduto alla nomina dei docenti con graduatorie interne di istituto gestite dai singoli direttori, l’estate scorsa il Ministero della Pubblica Istruzione, per rimettere ordine nella materia e risolvere in parte il problema dei precari, aveva emesso un bando per la formazione di una graduatoria nazionale per tutte le materie di insegnamento. Erano richiesti il titolo di studio, almeno tre anni di docenza per la medesima disciplina e un limite di età non ben specificato, ma chiaramente stabilito nel modulo di domanda dall’elenco degli anni da barrare.  Al di fuori di quelli indicati, la domanda veniva automaticamente respinta.

Dopo mesi impiegati dalle commissioni competenti per esaminare le domande, si era giunti alla  formazione e alla pubblicazione di una graduatoria provvisoria aperta a tutti i possibili reclami; e trascorso ancora un mese, a fine ottobre era stata pubblicata sul sito del Ministero la graduatoria definitiva. In entrambi i casi il mio nome figurava al sesto posto e con immutato punteggio. Poiché le sedi disponibili per la mia materia, Storia dello Spettacolo, erano sei, avevo la certezza matematica di andare in cattedra in una di esse. Bisognava ancora attendere che venisse espletato anche il rito dei ricorsi, perché ci fosse inviata la lista delle sedi sulle quali apporre le preferenze. Dopo un ulteriore periodo di attesa, giovedì 27 novembre era finalmente giunta la comunicazione che venerdì 28, a iniziare dalle ore 17.00 e fino alle ore 15.00 del 3 dicembre, avremmo potuto effettuare la scelta entrando nel sito del Ministero col il nostro username e la nostra password personale. Ma a quell’ora la mia password non funzionava più, non mi veniva data la possibilità di accedere alla pagina. I colleghi che invece erano normalmente in grado di farlo, mi avvertivano che il mio nome non figurava più nella graduatoria, sparito come per incanto. Impossibile riuscire a sapere cosa fosse avvenuto essendo tutti gli uffici competenti chiusi a causa del week-end.

La mattina di lunedì 1° dicembre raggiungo per telefono la commissione responsabile per la graduatoria della mia materia, con sede a Sassari, e le persone con cui parlo rimangono sbigottite e allarmate. Non sanno cosa possa essere successo, pensano a un errore tecnico ma paventano qualcosa di peggio. Con consultazioni interne riescono ad appurare soltanto che c’è stata “una rettifica della graduatoria in autotutela” da parte della Direzione Generale del Ministero, della quale però non vengono rese note le motivazioni. Un intervento non legittimo, dal momento che per regolamento la rettifica può essere richiesta soltanto dalla commissione che ha formulato le graduatorie e da nessun altro, nel caso di emergenza in cui non si fosse accorta prima di essere incorsa in un errore tecnico. Ma da Sassari, per esplicita affermazione degli interessati, non era mai partita verso il Ministero alcuna richiesta di rettifica. E allora? Chi si è arrogato il compito di procedere d’autorità senza averne la facoltà? E come potevo riparare a un’esclusione dell’ultimo momento da una cattedra che nessuno avrebbe potuto negarmi, come mi era già stato chiarito via e.mail dalla commissione di Sassari?

L’unica possibilità che mi rimaneva era un’azione legale che bloccasse la manovra a mio danno. Mi rivolgo all’avv. Vincenzo Perticaro del Foro di Roma, il paladino dei cittadini contro i boiardi di stato, il quale appronta rapidamente un ricorso di urgenza presso il TAR di Roma per la sospensione di tutte le nomine in attesa di chiarimento.  Il 3 dicembre, prima della fatidica scadenza delle ore15.00 per la scelta delle sedi, l’atto viene presentato negli uffici appositi; ma la risposta tempestiva della cancelleria è che il procedimento d’urgenza viene respinto in quanto non se ne ravvisa la necessità.

Un complotto contro di me? Una trama a mio danno di tutte le istituzioni dello stato? E perché mai? L’intera vicenda reca con sé una singolare coincidenza: la persona che prende il mio posto (e di cui tralascio per buona creanza il nome), in graduatoria viene dopo di me, al settimo  posto. Ed è la stessa persona che all’Accademia di Carrara nel 2011 era subentrata nella mia cattedra essendole stato riconosciuto, nella graduatoria interna di istituto, un  punteggio superiore al mio; dal momento che io ero stato all’improvviso degradato alla metà del punteggio massimo con il quale ero stato assunto cinque anni prima, e pur avendo nel frattempo  maturato un ulteriore quinquennio di anzianità. Un controsenso, una sorta di magia nera. Contro il provvedimento avevo inoltrato un ricorso al TAR di Firenze, restando intanto senza posto e senza stipendio. In capo a circa due anni di udienze e di rinvii, e dopo che per due volte il tribunale si era pronunciato a mio favore obbligando lo Stato, mia controparte, al pagamento delle spese giudiziarie, era stata emessa, secca quanto imprevedibile, la sentenza finale a mio sfavore.

Che strano! Eppure non erano intervenuti nuovi fattori o argomenti o prove che potessero mutare lo scenario del giudizio.  A pensare male si fa peccato, sosteneva Giulio Andreotti, ma ci si prende. E’ difficile non nutrire il sospetto che in entrambi i casi le carte siano state rimescolate da qualcuno in possesso dell’influenza e del potere per farlo. La mia diretta concorrente, che nei due casi si insedia al mio posto grazie alla mia esclusione, è di Firenze o almeno proviene da quell’Accademia e da quella città. La Città del Giglio che, si sa, di questi tempi è particolarmente in voga.


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