La marcia dei ragazzi. Gli studenti tarantini difendono il futuro: a che serve contarli, erano belli ed erano tanti

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Il giorno a cui si riferisce questo che vuol essere un piccolo racconto non ha ancora una volta importanza, perché Taranto di marce ne ha fatte tante e nonostante tutto trova ancora la forza di ritornare in strada di scendere in piazza.Davanti al Palamazzola, che accoglie le gesta della squadra locale di Basket maschile, militante nella serie B, girone D, il Cus Jonico, e di tutto ciò che è legato ad eventi sportivi e/o musicali, il 19 dicembre, si è raccolto il primo nucleo del corteo dei manifestanti , con a capo i ragazzi, i nostri studenti di questo Movimento studentesco senza gerarchie, senza leader, senza capi, ma con  l’unica forza che serve per non mollare,  quella che viene dalla giovane età forse, e dalla testa piena dei progetti che qui nessuno ascolta, che in molti vogliono schiacciare, per ragioni di stato, ragioni economiche, ragioni che i nostri ragazzi non vogliono più comprendere.

E sono loro a dire le parole più sensate, forse perché più sentite, scritte sugli striscioni, fatti a casa, magari la sera precedente, tutti insieme, a casa di qualcuno, magari coi propri soldi, magari con quei cuori che battono quando gridano TARANTO LIBERA… E siamo noi, quei ragazzi, noi quarantenni, noi cinquantenni, che abbiamo preso coscienza tardi e ci prendiamo lo schiaffo di ieri, di quei ragazzi che qualcuno voleva contare.

Contare, questo ieri volevano fare in molti, per capire se la marcia avrebbe potuto assumere la forma di un flop, per vedere se, dopo due anni dall’ultima grande marcia contro l’inquinamento che portò in piazza migliaia e migliaia di persone nello stesso mese, c’è ancora voglia di lottare. E contare sarebbe stato semplice, ma un lavoro inutile. Perché ieri, dopo due anni in cui a Taranto ci sono stati più tavoli tecnici d’un ristorante di mille coperti, più visite di ministri  dell’ambiente che in una qualunque altra città, e circa sei, dico sei , decreti salva tutto tranne che noi.

Ieri i numeri erano le circa 60 associazioni  che hanno aderito alla manifestazione DIFENDIAMO TARANTO, da tutto ciò che sta accadendo, ed erano le comunità come Potenza e Scanzano presenti in una sorta di scambio di appoggio, di sostegno per la comune lotta della tutela della salute e dell’ambiente.

A Taranto si muore ancora di tumore e tanto, e ieri lo hanno ribadito tutti, dal tecnico, allo studente, dal precario all’occupato-preoccupato per il futuro dei propri figli.Ieri, una foto camminava con noi, quella del piccolo Alessandro, che a Taranto e per Taranto ha lottato in tante marce, e che ora è un battito d’ali, e una stellina   volata via in un giorno d’estate, Lollo, così lo chiamavano, e per noi tale resta nel cuore. Ieri il corteo ha attraversato una città illuminata per il Natale che arriva e che a noi tarantini regali non ce ne fa.

Questi ragazzi hanno dimostrato che i numeri non contano, conta che erano tanti, e nessuno potrà strappare loro il futuro che rivendicano con forza e coraggio. Uno di loro, forse il più piccolo, mi ha detto che è meglio morire di fame che di tumore… Forse perché di fame, quella vera, ancora nessuno è morto qui, e spesso si confonde la povertà relativa con la povertà vera…mentre di tumore sta morendo la città, e le cause sono imprescindibilmente legate alla drammaticità della situazione ambientale, fortemente pregiudicata dalle industrie inquinanti che insistono su questo territorio, a cui si vogliono aggiungere progetti che metterebbero a rischio ancora una volta e di più il precario equilibrio ambientale, come quello a cui i ragazzi e la marcia tutta si oppongono, denominato TEMPAROSSA, con scarsa possibilità occupazionale e elevati rischi per l’ambiente.

I ragazzi di Taranto hanno dato uno schiaffo alla parte della città che dorme, e che tutti gli svegli seguano i loro passi. Alle immagini le parole che non sono riuscita a dire.

Un ringraziamento per la foto a Cronache Tarantine,  e a Emanuela Perrone e Francesco Manfuso


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