La Dolce Vita con Odisseo, Oreste e la bella Elena

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Calabria felliniana, lo immaginereste? Su un edifico del corso di Catanzaro una lapide ricorda Coriolano Paparazzo, albergatore dell’Ottocento della cui figlia si invaghì lo scrittore inglese George Gissing. Quel nome attraverso i suoi scritti arrivò a Leopoldo Trieste, calabrese, che ne parlò a Flaiano, e che Fellini finì per assegnare a un personaggio de La Dolce Vita, diventato in tutto il mondo l’eponimo del fotoreporter. A Castrovillari, un paese del cosentino, nella villa di Aldo Bonifati, il costruttore dell’Università della Calabria, sono finite le poltrone di scena di Otto e mezzo, acquistate per devozione da un antiquario romano di via del Babuino. A Palmi, nel reggino, si può visitare, circondata dalla macchia mediterranea e affacciata a picco sul mare, la casa di Leonida Repaci, letterato finissimo, inventore del Premio Viareggio, che Fellini aveva chiamato a interpretare se stesso nella celebre sequenza di Steiner ne La Dolce Vita, dove lo scrittore favoleggia inebriato sui costumi sessuali d’Oriente e sul libero amore. Quel tratto di litorale dominato dalla villa è chiamato la Costa Viola per il colore caratteristico delle acque, un’enclave in cui non soltanto il mito è di casa ma viene vissuto come eternamente presente. Qui approdò Oreste in fuga da Argo, inseguito dalle Erinni per aver ucciso la madre Clitennestra colpevole, insieme all’amante Egisto, dell’assassinio del marito Agamennone, il re degli Achei, ritornato in patria dopo dieci anni di guerra sotto le mura di Ilio. Il principe infelice venne accolto da Ouitalos, alla foce del Metauros (oggi Petrace) il fiume alimentato da sette sorgenti indicato dall’oracolo di Delfi; e qui trovò pace non appena vi si immerse, riacquistando il senno. La popolazione del pianoro, fiera e coraggiosa quanto ospitale, era da sempre a contatto con il mare, fonte di vita, conosceva ogni segreto dei venti e delle maree, era capace di sfidare Scilla e Cariddi, mostri sanguinari, di raggiungere le Isole del Vento (Eolie)  e spingersi oltre istaurando rapporti di scambio e di amicizia con gli antichi fenici. Nella loro incantata insenatura emergeva uno scoglio su cui prosperava, e ancora verdeggia, un grande ulivo grazie a una vena d’acqua dolce che scorre sotto la superficie e a cui si abbeverano da sempre i pescatori in immersione. Quell’ulivo sacro, guai toccarne i frutti considerati un dono del cielo, nacque dal seme che una rondine depose sulla roccia. Le memorie si intrecciano, l’antica Ellade culla di ogni civiltà pare riflettersi a specchio nel golfo scintillante. E’ un groviglio fatato di imprese che riaffiorano nel libro intitolato “Ouitalos, leggende e miti dei marinai” (Pellegrini Editore) a firma di Arcangelo Badolati, eterodossa figura di scrittore, giornalista, poeta, impegnato a preservare sulla pagina, ma anche nella vita, il dovizioso giacimento di narrazioni che giungono fino ai giorni nostri. Svolgendo il magico gomitolo vediamo che al Pianoro approdò Eracle, l’eroe degli Argonauti, dopo aver battuto nel pugilato e ucciso in Sicilia, Erice, figlio di Afrodite. Venne l’errante Odisseo, re di Itaca, accolto con tutti gli onori, il quale ripartendo si sdebitò regalando ai Tauriani un prezioso vaso dipinto con scene di caccia. Anche Enea, in fuga da Troia, fece sosta al Pianoro prima di proseguire verso il Lazio, dove unendosi a Lavinia avrebbe dato origine alla Gens Julia e al futuro impero romano. Passò Aiace Oileo, il più  furioso e crudele dei principi Achei, che per la sua empietà fu ingoiato dai gorghi per volere di Poseidone. Sulla Costa Viola nacque Stesicoro, reso cieco dalla bella Elena figlia di Zeus e di Leda, che non gradiva riascoltare le sue colpe cantate dal poeta filosofo.

Di generazione in generazione il popolo del Pianoro e i re che si succedettero nel nome di Ouitalos restarono padroni indisturbati della costa, nessun forestiero osando sfidarne il coraggio, la prestanza, l’abilità proverbiale con le vele e il timone. Durante le guerre Puniche la contrada conobbe Annibale, che a Canne nel 212 prima di Cristo fece strage di 70.000 legionari, prima di ritirarsi a Capua. E nel 44 a. C. lo stesso Ottaviano,  il futuro Augusto dell’Età Imperiale,  fu salvato dai marinai tauriani nel cruento e decisivo scontro navale contro Sesto Pompeo. Nei secoli successivi gli abitanti del Pianoro seppero opporsi alle scorrerie saracene; e Dragut Rais, il più temuto e spietato dei loro condottieri, viceré di Algeri e Signore di Tripoli, ebbe mozzata la testa sul masso granitico che prese il nome di “Pietra del Drago”. I Tauriani salvarono i messinesi dalla peste, portandoli al sicuro con le loro agili navi; e il senato peloritano fece dono alle gente di Palmi di uno dei tre capelli della Madonna conservati nel prezioso reliquario. Nacque così una Corporazione di marinai selezionati per celebrare la sacra rappresentazione della Varia, patrimonio dell’Unesco; una colossale pesantissima macchina lignea, simbolo dell’Assunzione al cielo di Maria, portata a spalle lungo il corso della città, con una bimba, piccola vergine coraggiosa, seduta sulla cuspide a sedici metri ai altezza. Gli antichi discendenti di Ouitalos, oggi giovani professionisti appassionati di mare, traggono dalla memoria delle origini non  soltanto materia di sogni ma anche progetti ardimentosi di sviluppo.

A Palmi, perla della Costa Viola che allude al colore fatale dagli abissi, la Corporazione dei Marinai conserva la propria sede nelle fondamenta dell’antica Torre di Guardia; i nuovi guerrieri sono oggi armati di ogni moderno sapere, brillanti laureati che accolgono chi arriva col medesimo sorriso degli antenati, gelosi e prodighi di ogni ricchezza della loro terra. Si chiama Antonello Scarfone l’ingegnere in forza al Comune che per quella costa antichissima ha progettato un parco naturale, “La dorsale verde”, approvato dall’Unione Europea con un finanziamento di 2,75 milioni e già in fase di attuazione. In pochi mesi si articolerà a mezza costa, a strapiombo sul mare, una strada panoramica sul modello delle Cinque Terre, 34 chilometri da percorrere a piedi o in bicicletta, attraversando cinque comuni, e una accoglienza alberghiera recuperata dalla valorizzazione delle pittoresche case dei pescatori. Chiunque potrà dialogare con gli eroi, gli dei, le ninfe che abitano quei luoghi da millenni, goderne gli influssi benefici. A dimostrazione che anche la cultura, come l’amore, omnia vincit, la spunta sempre, essendo il nutrimento più potente di ogni impresa e sviluppo.


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