“DeLirio” Abbate, una battuta grave ed un attacco forte ad un coraggioso cronista

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Oggi si è svolta innanzi la decima sezione del Tribunale di Roma l’arringa dell’avvocato Giosuè Bruno Naso, difensore di Riccardo Sibio imputato del delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso,  nell’ambito del processo Nuova Alba contro il clan Fasciani-Triassi. L’avvocato Naso è lo storico difensore di Massimo Carminati ma anche di altri imputati come Manolo Papillo, condannato in primo grado per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di droga e gestore, secondo il Tribunale di Roma, di una delle piazze di S.Basilio.

L’avvocato inizia il suo intervento chiamando in causa il procuratore Pignatone: ”da quando c’è lui a Roma, il processo è diventato uno strumento di tutela sociale ed un mezzo per rigenerare la società corrotta che prescinde dalla giustizia del caso singolo”.Il penalista ha fatto poi un riferimento nella sua discussione al famoso articolo di Lirio  Abbate su “I quattro re di Roma”, pubblicato sull’Espresso del 20 dicembre del 2012. Naso ha ironicamente affermato che il giornalista dovrebbe essere chiamato “DeLirio” Abbate. Una battuta grave ed un attacco forte ad un coraggioso cronista che con i suoi articoli ha contribuito a svelare le trame delle mafie nella capitale. In aula, ad ascoltare sconcertato le parole dell’illustre legale anche il rappresentante di Libera, costituitasi parte civile. A Roma, ha concluso l’avvocato Naso citando Giuliano Ferrara, “non c’è mafia perché non c’è mai stato sangue”. Peccato che il noto ed arguto principe del foro dimentichi i delitti di Federico Caranzetti morto nel gennaio del 2014, a seguito di un attentato avvenuto a Tor Bella Monaca; Edoardo Di Ruzza, ammazzato nel febbraio scorso a Tor Vergata; l’omicidio di Fabio Farre, freddato con un colpo di pistola alla nuca nel dicembre scorso alla Pisana e le tante tantissime gambizzazioni. A Roma la mafia non fa morti e i giornalisti non ne devono scrivere altrimenti è… delirio.


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