Giornalisti uccisi, pestati, incarcerati, minacciati… Il triste bilancio del 2014

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Un mondo senza testimoni è sicuramente un mondo peggiore. Ma diventa sempre più difficile, e rischioso, raccontare i mali del pianeta difficile. Così ogni fine d’anno, nel momento dei bilanci, è spaventoso, e triste, registrare una nuova autentica strage dei reporter. La libertà di stampa, dunque di testimoniare, è un bene importante della società, sancita dall’articolo 19 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Ma, com’è stato ricordato di recente all’Onu, la libertà di stampa “ha bisogno di un ambiente sicuro, nel quale tutti i giornalisti possano parlare apertamente senza timore di rappresaglie”. E invece  gli operatori dell’informazione continuano a essere sottoposti a minacce, violenza e intimidazioni, mentre i loro omicidi nel novanta per cento dei casi restano impuniti. Un rischio aumentato oltretutto dalla diffusione dell’informazione sui canali digitali. I numeri talvolta sono discordanti, personalmente da tempo ho scelto di seguire il rapporto molto documentato, spesso in tempo reale, dal PEC (Press Emblem Campaign). E il bilancio è drammatico anche per il 2014: morti 131, rapiti 119, imprigionati 179.

Cominciamo con le vittime. Sono state 131 dunque distribuite in 32 Paesi. Gaza si è rivelato il territorio più pericoloso, seguito da Siria e Pakistan.  Ma non vanno sottovalutate le morti in Messico e Centroafrica, mentre sorprende – a distanza di tanti anni dall’inizio dei conflitti, gli omicidi in Iraq e Afghanistan. Questa la lista completa dei Paesi: 16: Gaza – 13: Siria – 12: Pakistan – 10: Iraq – 9: Ucraina – 8: Messico – 7: Afghanistan – 6: Honduras – 5: Somalia, Brasile – 4:  Centroafrica – 3: Filippine, Cambogia, Guinea, Paraguay – 2: Libia, Colombia, Bangladesh, Turchia, Perù, Yemen, India – 1: Libano, Congo, Arabia Saudita, Egitto, Panama, Rep.Dominicana, Nigeria, Salvador, Russia, Burma. Non vanno dimenticati inoltre i sacrifici di altri giornalisti in terra straniera, compresi due giovani italiani, Andrea Rocchelli (maggio, in Ucraina) e Simone Camilli (agosto, a Gaza): 4: Libano, Palestina -3: Russia, Stati Uniti- 2: Canada, Italia-1: Svezia, Germania, Francia, Egitto, Iran. E più il bilancio si allarga, più è impressionante: sono stati più di mille (esattamente 1038) i reporter uccisi negli ultimi nove anni, quasi tre a settimana, uno ogni tre giorni.

L’aspetto drammatico che si è sviluppato nell’ultimo anno è legato al fenomeno dei sequestri, una piaga aumentata in maniera notevole: addirittura 119 come riferisce Reporter senza frontiere. Talvolta finiti tragicamente come nel caso di Foley e Sotloff, decapitati dagli jihadisti, un orrore usato in maniera scellerata a favore della propaganda.  Il maggior  numero di rapimenti è avvenuto in Ucraina (33) seguita da Libia (29), Siria (27) e Iraq (20). Attualmente sono 44 i giornalisti attualmente sequestrati nel mondo.

Strettamente legata alla libertà di stampa è la situazione nei Paesi dove non è assolutamente accettato il dissenso e i giornalisti che combattono il regime finiscono in carcere. Ultimamente una svolta autoritaria in questo senso è stata data in Turchia dal premier Erdogan dove ha messo almeno trenta reporter dietro le sbarre. E in sei mesi, pensate, sono stati arrestati 2500 dissidenti, soprattutto attivi sul web, il vero nemico (da abbattere) di ogni regime oppressivo. Attualmente i giornalisti imprigionati sono 179, ma salgono addirittura a 357 considerando i blogger, cioè le voci libere. Il tristissimo primato vede in testa Cina, Iran, Siria ed Eritrea. Questa la classifica della vergogna (compresi i citizens): 102 Cina – Iran 46 – Siria 33 – Eritrea 32 – Turchia 30 – Vietnam 29 – Egitto ed Etiopia 16 – Azerbaijan 15 – Bahrain 14 – Arabia Saudita 11 – Uzbekistan 10.

Giornalisti uccisi, pestati, incarcerati, minacciati. In Italia resta molto alto l’allarme per i cronisti minacciati dalla mafia. Quattordici giornalisti attualmente vivono sotto scorta. Le regioni sono soprattutto tre dove imperversa la criminalità organizzata: Sicilia, Calabria e Campania. Ma il numero delle intimidazioni è molto più alto e offre alcune clamorose sorprese. Nel 2014 infatti sono stati ben 332 i giornalisti che hanno subito minacce secondo gli ultimissimi dati dell’Ossigeno per l’Informazione. Dal 2006 ad oggi sono stati registrati addirittura 2056 casi di particolare gravità. Ed ecco le sorprese se si analizzano le situazioni regionali. Le vittime più numerose (45) in Campania, seguono Sicilia (43) e Calabria (30), cioè le tre regioni considerate a più alto rischio mafioso. Nello stesso ambito vanno inserite anche Basilicata (34) e Puglia (31). Ma il dato più eclatante riguarda il Lazio che presenta il maggior numero di casi (addirittura 74, quasi il doppio della Sicilia), seguito dalla Lombardia (42, praticamente alla pari con la Campania) e dal Veneto (31). La conferma cioè delle infiltrazioni mafiose in ogni zona d’Italia. E segno che non ci sono più territori franchi o cosiddette “isole felici”. Un dato è certo: chiunque denunci i malaffari mette paura. E viene messo a tacere, in un modo o nell’altro.


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