Tor Sapienza: ogni volta che mia zia di novanta anni guarda un tg…

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Mia zia ha novanta anni, per motivi culturali non ha potuto portare avanti gli studi e nemmeno lavorare, oggi ha diritto ad una piccola pensione sociale che, a suo dire, la fa entrare di diritto nella schiera dei poveri che oggi si fanno guerra in Italia. È di fervente fede e formazione cattolica, da giovane ha insegnato catechismo, ha insegnato i valori di accoglienza e fratellanza predicati da Cristo, ma questo non le impedisce di prendersela con i migranti che “rubano, ammazzano e tolgono il lavoro agli italiani. Lo Stato non ha i soldi per aiutare gli italiani, perché dovrebbe aiutare quelli?”. Si, anche mia zia di novanta anni è tra quelle milizie di poveri che sono in guerra.

Non va di certo a Tor Sapienza a prendere d’assedio il centro per i migranti, ma le sue parole si scagliano come pietre. Non è necessario vivere in una periferia, trasformata in discarica umana,  per avere sensazioni del genere, è sufficiente accendere la televisione e guardare i vari telegiornali. Mia zia di novanta anni guarda solo telegiornali, ne conosce perfettamente gli orari all’interno del palinsesto. Guarda solo telegiornali perché non vuole tenere troppo accesa la tv per “non consumare la corrente”, quindi la accende solo al bisogno.

Ogni volta che mia zia di novanta anni guarda un tg, sente parole d’odio di politici che terrorizzano gli italiani, i cittadini in difficoltà economica e fanno leva sulle paure, un espediente valido in ogni epoca per conquistare voti nel corso di gravi crisi, economiche e non. Sono continuamente in campagna elettorale, mettendo uno contro l’altro chi già è costretto a sopravvivere.
Mia zia di novanta anni ha paura, come hanno paura gli abitanti e i migranti di Tor Sapienza. Tutti hanno paura, perché si sentono abbandonati dallo Stato, uno Stato che sta fallendo, che sta calpestando ogni dignità umana. E quando hai paura reagisci d’istinto. Quindi, mia zia di novanta anni e gli abitanti di Tor Sapienza non sono razzisti (almeno non tutti). Sono come i ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini: vivono in una realtà degradata ma vitale, si muovono spinti dall’istinto e dalla passione.


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