La “Santa” in Lombardia. Intervista a Forgione: “al Nord compartecipazione
fra ‘ndrangheta e imprenditoria”

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I tre cavalieri spagnoli, Osso, Mastrosso e Carcagnosso, sostituiti da tre uomini del Risorgimento, Garibaldi, Mazzini, La Marmora. Accade in Lombardia, nel profondo Nord, durante un rito di affiliazione alla ‘ndrangheta, raccontato per la prima volta nella storia, in presa diretta dalle microspie dei Ros che – coordinati dalla Dda di Milano – hanno portato in carcere 40 persone. Con Francesco Forgione, studioso di ‘ndrangheta, politico, già presidente della Commissione parlamentare antimafia, il punto sull’operazione “Insubria” e sui rapporti imprenditoria, ‘ndrangheta e massoneria al Nord.

Durante la conferenza stampa di oggi il pm Ilda Boccassini l’ha definito un video storico: parliamo delle immagini dei Ros che hanno fatto il giro del web e dei Tg,  in poche ore….
Queste immagini restituiscono la fotografia di una organizzazione solida, una ‘ndrangheta,  in presa diretta, colta in tutta la sua modernità e al tempo stesso nelle sue profonde e arcaiche radici.  I boss vivono a metà fra un immobilismo delle origini e una dinamicità delle azioni, in un contesto intriso di valori rituali, simboli massonici. Di quelle immagini colpiscono alcuni elementi e ci sono tante conferme. Fra gli aspetti nuovi e insoliti, potremmo dire la sostituzione, quasi, dei tre cavalieri spagnoli, che secondo la leggenda diedero vita alla ‘ndrangheta, Osso, Mastrosso e Carcagnosso,  con tre uomini del Risorgimento. Uno di loro è un uomo in divisa, il generale La Marmora: un tempo sarebbe stato impensabile giurare su un uomo dello Stato fedeltà ad una organizzazione criminale segreta qual è la ‘ndrangheta. Nonostante ciò, le immagini e anche alcuni elementi emersi nell’indagine restituiscono saldamente alla Calabria il ruolo di “cabina di regia – casa-madre” di tutta l’organizzazione criminale. Solo per fare un esempio, per questo rito di affiliazione alla “Santa”, si reca dalla Calabria il capo – mafia locale. Nulla si muove, neppure al Nord, senza il consenso della struttura operante in Calabria. Ricordiamo che solo alcuni anni fa, come emerge proprio dall’inchiesta Infinito-Crimine, i boss stroncarono con un omicidio (quello del boss Novella, ndr) il tentativo “federale” di fondare “La Lombardia”, una struttura criminale autonoma rispetto alla ‘ndrangheta.

Il rito di affiliazione che viene ripreso dalle immagini dei Ros è alla “Santa”. Cosa rappresenta dentro la ‘ndrangheta questo livello?
“La Santa” è storicamente una sovrastruttura della ‘ndrangheta dove siedono leelites. Si tratta di un livello massonico della ‘ndrangheta voluto dopo i moti degli anni ’70 di Reggio Calabria, quando i boss delle famiglie mafiose come i De Stefano, i Molè, i Piromalli, decisero di fare il salto di qualità. E scelsero di fondare la “Santa”, struttura che ha lanciato e rafforzato tutta l’organizzazione criminale e consolidato i rapporti con pezzi dell’imprenditoria e dello Stato. Questo livello massonico della ‘ndrangheta è diventato camera di compensazione di questi rapporti, di queste transazioni, di questi accordi. Qui siedono pezzi di mafia e pezzi di Stato.

Nell’operazione “Insubria” alcuni imprenditori si rivolgono ai boss per riscuotere crediti da altri. Nulla è cambiato dalle dichiarazioni della Boccassini subito dopo l’operazione “Infinito-Crimine”, quando puntò il dito su silenzio  dell’imprenditoria?
L’operazione di oggi consegna conferme allarmanti: la colonizzazione della Lombardia. Aveva ragione la Boccassini a denunciare il silenzio e le complicità perché qui in Lombardia – ma direi in gran parte del Nord d’Italia –  nei fatti, c’è stato un cambio strutturale del tessuto socio-economico. C’è ormai un rapporto solido fra la ‘ndrangheta e l’imprenditoria, per via della grande liquidità di cui dispongono i boss, certo. Ma anche per la forza intimidatoria della ‘ndrangheta messa in campo sul territorio. In assenza di quest’ultima un imprenditore che ricevesse pressioni o minacce andrebbe a denunciarle. E, invece, non accade: ci sono paura e omertà. Gli imprenditori hanno interiorizzato la presenza della ‘ndrangheta. Come emerge nelle carte di questa inchiesta e in altre, gli imprenditori si rivolgono alla mafia per ragioni per le quali dovrebbe invece essere lo Stato a dare una risposta (come la riscossione crediti). Non è niente di diverso da quello che per anni è accaduto al Sud. Spesso siamo di fronte ad un dato ancora peggiore: c’è una compartecipazione fra imprenditoria e ‘ndrangheta, come dimostra il casodell’azienda Perego. Se la politica dei partiti, soprattutto quelli molto radicati in quelle aree come la Lega, anziché gridare “al lupo al lupo”contro gli immigrati si fossero occupati di capire cosa stesse accadendo sul territorio, oggi non saremmo in questa situazione.

In diverse inchieste, dalla Calabria sino all’Emilia – Romagna, emerge  anche il ruolo ambiguo di alcuni apparati investigativi e dei Servizi segreti. Nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia i magistrati dicono che il loro apporto è stato poco utile alle indagini, quando non dannoso. Secondo lei?
Le rispondo con un frase che uso spesso “Quando si arriva in Calabria e si incontra lo Stato non si sa mai se è quello giusto”. Questo perché la ‘ndrangheta – rispetto alle altre organizzazioni criminali – ha scelto l’inabissamento da sempre, come strategia criminale. Ha provato ad infiltrare lo Stato e i settori socio-economici in tutti i modi. La “Santa” –  per tornare all’indagine di oggi  – è conseguenza di queste scelte: usare la massoneria come luogo d’incontro fra parti diverse dello Stato, della magistratura, dell’economia, della politica. E anche i Servizi Segreti, come segnalato per i casi Zumbo e evidenziato nell’inchiesta “Crimine – Infinito”, o la magistratura, non sono immuni. Se si vuole incidere sulla forza criminale della ‘ndrangheta bisogna prendere atto di questo e rompere  legami fra pezzi di Stato, di politica, di economia e la ‘ndrangheta.

Fonte: “Libera Informazione”


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