Fine del Patto del Nazareno o elezioni?

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Che cosa ci attende  davvero nella prossima primavera? Dirlo non è facile perché la fibrillazione è ormai evidente non soltanto nel maggior partito fuori del governo (mi riferisco alla sigla capofila delle aggregazioni neopopuliste, a quella, ancora robusta, pattuglia politica e parlamentare che fa capo-ma non è contento di come stanno andando avanti le cose-a quella Forza Italia che ha nell’uomo di Arcore il capo e “padrone”) ma anche in quelli di governo, a cominciare dal Partito Democratico che  sta già mostrando una difficoltà comprensibile, ma a lungo negata, di ottenere tutti i voti dei suoi parlamentari, alla Camera come al Senato.

Ci sono gli emendamenti della minoranza interna accettati da Renzi (e che fanno parte del testo ufficiale della coalizione di governo  e dal suo stato maggiore), un testo definitivo che prevede il reintegro del lavoratore soltanto per i licenziamenti discriminatori e disciplinari senza giusta causa” ,ma che dà per scontata l’abrogazione definitiva dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che SEL e almeno diciotto parlamentari “democratici” non accettano ancora.  E, con molta chiarezza, dopo le dichiarazioni di Silvio Berlusconi che ha detto esplicitamente:”

Io mi sono stancato di trattare. Di farlo con tutti. Così diventa una palude. “E la replica di Matteo Renzi che ha inviato allo stato maggiore forzista una replica piuttosto netta dopo aver parlato direttamente con i due plenipotenziari Letta e Verdini:” Avanti con voi o senza di voi. Di certo non accetto la palude.” A questo punto l’alternativa diventa più chiara: o la replica del segretario-presidente del Consiglio  si mostra efficace, la minoranza dei democratici alla fine con la maggioranza e si accontenta di aver mostrato all’eletto rato, piuttosto scontento per quello che sta accadendo, che si va avanti nella legislatura ottenendo altri obbiettivi importanti nel programma; e allora diventa possibile riprendere il cammino politico e legislativo, magari con un appoggio parlamentari di altre forze politiche.

O questo non succede e il segretario-presidente potrebbe ritenere di aver tutto da guadagnare da un’occasione elettorale gestita stando al governo e allora le elezioni nel prossimo  aprile o maggio potrebbero diventare alla fine  possibili. E’ questo il dilemma che si pone ai democratici, e anche a una larga opinione pubblica democratica e di sinistra, dopo quasi un anno di governo delle larghe intese. Il pronostico è ancora molto difficile ma non si può neppure escludere in maniera tassativa.


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