Non sarebbe ora di un’iniziativa pubblica per una grande educazione civile contro ogni forma di razzismo?

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Già nel 2013, leggendo – come faccio sempre  -il rapporto annuale del CENSIS sulle caratteristiche della società italiana fu necessario indicare ai lettori del quotidiano su cui ho scritto negli ultimi trent’anni (e che forse dovrebbe  finalmente ritornare in edicola tra qualche mese) che il razzismo diffuso e molto esteso era diventato uno dei tratti distintivi del nostro Paese, sì proprio quello che ha Dante, Leopardi e Gramsci tra i suoi numi tutelari (anche per chi la pensa come scrive). Ora, da una ricerca condotta dall’associazione Lunaria, emerge un quadro impressionante su quello che è successo in Italia negli ultimi tre anni. Da un lavoro possibile attraverso il monitoraggio costante dei mezzi di comunicazione e delle tendenze sociali emerge il fatto che tra il 1 settembre 2010 e il 31 luglio 2014 sono stati accertati 2566 casi di razzismo come violenza razzista  che include quelle scritte e orali, quelle fisiche, i danni contro la proprietà o cose, le discriminazioni, tra cui rientrano anche le ordinanze di alcune autorità.

I casi-questa è la prima constatazione-sono aumentati di anno in anno: 511 nel 2012,901 nel 2013,998 nei primi mesi del 2014. Tra i casi di violenza razzista e discriminazione, la maggior parte si è verificata nell’ambito della informazione(767),subito dopo in quello della vita pubblica(727) e in quello dei rapporti con le istituzioni (306). Nel solo settore dell’informazione si è passato dai 128 casi del 2012 ai 317 del 2014. Ed è proprio tra gli attori istituzionali che si individuano i principali autori di atti razzisti e discriminatori(1063) A seguire sembra no essere gli operatori dei media di cui  è riconosciuta la responsabilità in 504 casi e ben 399 sono  imputati in casi giudiziari  ben 399. I bersagli più frequenti nel nostro sciagurato paese finiscono per essere i rom, seguiti da mussulmani ed ebrei.

Insomma, i media sono- insieme con le classi dirigenti e la classe politica-tra gli imputati di questa ricerca. La stigmatizzazione resta un atteggiamento protagonista nei contenuti che troviamo sulle principali testate giornalistiche e televisive. Dalla nazionalità messa in luce particolare quando a commettere un crimine è uno straniero alla terminologia usata per definire i rifugiati quando non sono chiamati clandestini ,sono presentati come vittime, disperati, non persone. L’altro elemento su cui si riflette a ragione è  la manipolazione dei dati e su come il ricorso a toni allarmistici rafforzano il muro che separa noi italiani e i migranti,noi loro che nel loro rapporto sembrano dominati dagli stereotipi e dalla paura. Soltanto di recente si è potuto constatare qualche elemento positivo, per esempio l’attenzione che alcuni giornali hanno rivolto allo sfruttamento dei lavori migranti o alle condizioni in cui chi arriva in Italia è trattenuto nei Centri di identificazione e di espulsione. Insomma, qualche sprazzo di luce in panorama per altri aspetti piuttosto difficile e arretrato. Disponiamo da quasi un anno di un capo di governo come Matteo Renzi che celebra già un Partito della Nazione che sta per nascere e di sorti magnifiche e progressive (per citare il poeta) che incombono sul nostro Paese. Ebbene, sarebbe a questo punto il caso di affrontare in maniera più forte ed efficace di quanto è finora avvenuto un’iniziativa pubblica per una grande educazione civile contro ogni forma di razzismo e per il superamento delle discriminazioni che ancora caratterizzano la nostra società nel ventunesimo secolo?


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