Diffamazione: novità fuori linea europea in Senato. Fermarsi alla legge votata dalla Camera

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Sembra proprio che la politica italiana non riesca o non voglia rispondere ai richiami europei sugli standard della libertà di stampa. Le novità sul processo legislativo di riforma sulle norme sulla diffamazione, emerse dal dibattito generale di ieri nel Senato, sono fuori linea e, se tradotte in nuovi articoli di legge, sicuramente soggette alle sanzioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. L’abolizione del carcere per i giornalisti è l’unica misura positiva della proposta, solo  su questo punto davvero positiva e coerente con i richiami europei che hanno originato diverse sanzioni a carico dell’Italia. Ma se per fare questa operazione si vuole insistere con multe molto elevate, rettifiche anche non documentate, nessun contenimento per le querele temerarie e un appesantimento, anche dei costi, della procedura, è evidente che si va in direzione opposta a quella della promozione della stampa libera, chiamata, di suo, all’esercizio di una informazione deontologicamente corretta nel solo interesse dei cittadini. Punitiva appare la previsione di affrontare le cause di informazione di siti on line, generalmente non dotati di business editoriale, in qualsiasi tribunale vicino al querelante e non nella sede della pubblicazione. Oltre alle querele temerarie questo rischia di tradursi in una limitazione della libertà e dell’autonomia dell’informazione di chi dispone di poche risorse. Se non si è in grado di fare altro in questo frangente politico, si approvi la legge così come è uscita dalla Camera sull’eliminazione del carcere per i giornalisti per la diffamazione a mezzo stampa secondo le indicazioni di  Strasburgo.

Le voglie di bavaglio ritornano evidenti. Segnale di inquietudine sono certamente le dimissioni, da relatore, del sen. Felice Casson, proprio a causa di quello che appare uno scambio improprio con l’eliminazione del carcere per i giornalisti.
E’ evidente che servirebbe una legislazione organica nuova per la libertà dell’informazione, la tutela dei diritti fondamentali di ogni persona, e per l’ordinamento professionale. Poiché tutto questo non è all’orizzonte, piuttosto che fare altri danni, l’appello al Parlamento è perché si fermi e si limiti a fare l’unica cosa sin qui condivisa: l’eliminazione del carcere per i giornalisti, coniugata con l’obbligo di rettifiche che, però, siano effettivamente documentate sui fatti”.


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