Confermata la condanna a morte per Asia Bibi: Art.21 rilancia l’appello per salvarla

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Aasiya Bibi, per tutti Asia, è in una prigione pakistana da oltre cinque anni. E’ in isolamento perché riceve continue minacce di morte da parte degli integralisti islamici e solo grazie alla pressione internazionale è stata rafforzata la sicurezza intorno alla sua cella. Asia è una cristianacattolica. Nel 2010 è stata condannata a morte con l’accusa di blasfemia. Lo scorso 16 ottobre l’Alta Corte di Lahore ha confermato la sentenza.

La sua unica ‘colpa’ aver difeso il suo credo e, secondo alcune donne musulmane – operaie agricole come lei che la discriminavano e maltrattavano per la sua fede – aver offeso il profeta islamicoMaometto durante una discussione.
Era il 2009. Le accusatrici presentano una denuncia e prima di essere imprigionata la Bibi viene picchiata e violentata nel villaggio di Ittanwalai.
Per lei si sono mobilitate da subito numerose organizzazioni cattoliche e per i diritti umani ed è stata lanciata una petizione per raccogliere firme da mandare al governo del Pakistan per chiedere che venga liberata e concessa la grazia.

Oltre 680mila persone, in tutto il mondo, l’hanno già sottoscritta.
Articolo 21, che dal primo momento ha seguito la vicenda, rilancia questo appello e sostiene la mobilitazione internazionale. L’obiettivo è raggiungere il milione di firme. Nonostante il giudice in secondo grado abbia ribadito la condanna c’è ancora una flebile speranza.

La Commissione per i diritti umani del Pakistan, che sta seguendo con grande attenzione il suo caso, ritiene che la Corte suprema nell’ultimo grado di giudizio esaminerà il ricorso prendendo in considerazione tutti gli aspetti della vicenda anche se il Pakistan è in una posizione difficile perché la legge sulla blasfemia, ed il modo in cui viene applicata, non sono oggetto di una revisione.
Secondo funzionari pakistani, è bene lasciare che il caso faccia il suo corso legale. Ma le condizioni di Asia in carcere, di salute e psicologiche,  stanno peggiorando. Il tempo stringe ma bisogna credere che salvarla sia possibile.

Il clima nel Paese non invoglia certo all’ ottimismo, ma sembra che la diplomazia, in particolare gli Stati Uniti, si stia muovendo con decisione.

Osservatori internazionali e numerose personalità in Pakistan ritengono che Islamabad non farebbe mai nulla che possa infastidire gli Usa. Ed è per questo che appare fondamentale continuare a premere sia sul governo pakistano che sulle ambasciate americane in tutti i paesi del mondo affinché la strategia diplomatica per liberare Asia Bibi sia sempre più forte.

E ognuno di noi, con un semplice click, può dare il proprio contributo.

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