Benjamin Bradlee, un maestro per una nidiata di reporter americani

0 0

Nel percorso tortuoso ma esaltante del giornalismo c’è anche la fortuna d’incontrare un capo “giusto”. Benjamin Bradlee è stato maestro per una nidiata di reporter americani e si deve ai suoi insegnamenti se è nata negli Stati Uniti una generazione di cronisti in grado di far capire il mondo in tutti i suoi risvolti, anche i più segreti. Ognuno di noi si porta dietro le lezioni di un maestro, lo slogan di “Ben” era semplice e ingombrante: “la verità prima di tutto”. Un bene pubblico vitale per la democrazia, ha ricordato il presidente Obama. Per tutti resta il direttore del Watergate, poiché sul Washingon Post – che ha diretto per 26 anni – è esploso lo scandalo che ha affossato Nixon rivelando lo spionaggio del Pentagono ai danni del partito democratico. Il cinema ha esaltato lo scoop di Woodward e Bernstein costruito sotto la guida di Bradlee. Ma non è stato solo quello anche se quello rimane il suo capolavoro di approfondimento, come una vera sentinella dell’opinione pubblica, senza alcun timore reverenziale nei confronti del potere politico né per quello economico. Campione di razza svelò la fonte solo quando Mark Felt, agente dell’Fbi, morì: era lui la gola profonda.
Dandy e geniale, profondamente carismatico, era grande amico della famiglia Kennedy, frequentatore della Washington aristocratica, ma anche un lavoratore instancabile e si lesse tutte le quattromila pagine dello scandalo, prima di decidere l’affondo. Insegnò sempre ai giovani l’onestà dell’informazione e fu un grande colpo per lui scoprire nell’81 che una giovane cronista aveva vinto il Pulitzer con una storia inventata, quella di un ragazzino tossicodipendente. Ma fu lui stesso a denunciare la zozzeria, non tirandosi indietro nelle scuse, anzi approfittando per l’ennesima lezione di stile. “La credibilità di un giornale – scrisse in un editoriale – è il suo bene più prezioso. Dipende molto spesso dall’integrità dei suoi giornalisti. Quando questa viene meno le ferite sono grandi e non c’è altro da fare che dire la verità ai lettori, chiedere scusa e iniziare a risalire la china per riguadagnare quella credibilità perduta”.
Ha sempre considerato la sua una “buona vita”. Lo scrittore Michael Lewis ha detto che ci sono due tipi di giornalisti a Washington: gli outties e gli innies, gli outsider d’assalto e gli insider d’accesso. “Il miracolo di Bradlee è quello di essere riuscito a vendersi al pubblico come un perfetto outtie quando era esattamente un consumato innie”. E’ morto a 93 anni dopo alcuni anni di sofferenza, colpito dall’Alzheimer che gli ha tolto il bene più prezioso, la lucidità mentale. Ma per tutti resta l’editor in chief, il direttore, d’America. E forse del mondo.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21