Contro il pizzo, nel nome di Libero Grassi

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di Cristiana Mastronicola*

A 23 anni dall’uccisione di Libero Grassi la risposta antiracket dell’imprenditoria siciliana è in costante crescita. Questo il bilancio dell’associazione “Addipiozzo”, movimento nel 2004 nasce a Palermo per mettere insieme  imprenditori e commercianti che dicono “no” al pizzo e i consumatori che sostengono questa scelta, attraverso il cosiddetto “Consumo Critico”. A poche ore dalla tre giorni in cui a Palermo si ricorderà l’imprenditore palermitano che si ribellò al racket e venne ucciso il 29 agosto del 1991  abbiamo sentito i ragazzi di ”Addiopizzo“  e con loro tracciato una analisi della situazione a Palermo e nella regione.

Addipizzo, un percorso di liberazione dal racket.  Il movimento antiracket “Addiopizzo” affonda le radici nel cuore della Sicilia occidentale e in particolare a Palermo ma “a distanza di dieci anni dalla nascita  – spiegano da “Addiopizzo”-  importanti arrivano oggi anche da quella parte di Sicilia, quella orientale, in cui addentrarsi è sempre risultato più complesso per il movimento: l’idea di una mafia che opera soprattutto nella zona occidentale è servita nel tempo da palliativo per mantenere ferma una situazione che invece necessita di eguale risanamento”. Le province della Sicilia orientale, dunque, accolgono ora la sfida di “Addiopizzo”, superando anche lo scoglio di un territorio di provincia, poco incline ad ottemperare a richieste di politiche diverse da quelle che da sempre regolano il vivere quotidiano. Questo vale in particolare per le città di Messina e Catania dove i clan  condizionano pesantemente l’economia e interi settori del commercio.

Una cultura antipizzo.  Quello in corso da dieci anni non è solo un percorso di denuncia ma anche un cambiamento culturale profondo: “Le reazioni dei commercianti che portano agli arresti, come quella di qualche giorno fa – (l‘operazione Apocalisse, oltre 90 persone in manette)– e le denunce di imprenditori e operatori commerciali sono segnali importanti – commentano – i problemi sul territorio, però, sono molto radicati e c’è ancora tanto da fare”. I dati raccontano di una crescita costante di adesioni e anche numerose operazioni delle forze dell’ordine fanno ben sperare però la strada è ancora tutta in salita perché – dicono dal comitato –  “c’è un fetta di resistenza al progetto proposto da “Addiopizzo” ma i commercianti iniziano a riconoscere la fortuna e il privilegio di aderire alla rete. E siamo oggi un punto di riferimento”.

L’alleanza con i consumatori. La rivoluzione di “Addiopizzo“ è rafforzata dall’aver dato ai commercianti una rete, una natura associativa, quindi l’occasione di mostrarsi agli occhi di Cosa nostra come un “avversario organizzato” e una alleanza solida con i consumatori. Le reazioni dei mafiosi sono in questo modo coordinate con il movimento che, con il costante supporto di magistratura e forze dell’ordine, riesce a fornire agli associati la possibilità di rientrare nella piena normalità delle loro vite, senza clamori mediatici. Secondo i dati forniti dall’associazione sono  900 i commercianti schierati i dalla parte della legalità che espongono il famoso bollino “Addiopizzo”,  consapevoli che il commercio illegale della mafia genera povertà, non certo profitto. Inevitabile il confronto con la Palermo di 23 anni fa,  quando Libero Grassi veniva ammazzato alle 7.45 di quel 29 agosto e il mondo economico siciliano  rimase in silenzio. La morte di Libero fu anche la  conseguenza di un isolamento cui l’imprenditore  venne condannato dalla sua stessa categoria.  Era la stagione delle stragi e i boss di Palermo decidevano di dare “un segnale” forte contro chi aveva tentato di opporsi alla “messa a posto”. 23 anni dopo i ragazzi di “Addipizzo” hanno fatto tesoro di quella lezione e l’hanno messa al centro di un percorso di rinascita della  Sicilia che è tutt’ora in corso.

Per ricordare Libero Grassi, il 29, 30 e 31 agosto a Palermo si è tenuta “Il coraggio di essere Libero”, tre giornate dedicate ad incentivare quella “rivoluzione contro il pizzo e contro il sistema di potere mafioso” per cui è necessario l’impegno di tutti, autorità e cittadini. A Palermo come nel resto del Paese.

* Fonte: Libera Informazione


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