Il tesoro di Dell’Utri

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Che Marcello Dell’Utri possedesse, con ogni probabilità, un vero tesoro di titoli e di assegni era non difficile immaginarlo. A lungo manager a Milano e sodale, fin dalla metà degli anni Settanta, dell’imprenditore di Arcore (tramite indispensabile, come ha detto nei giorni scorsi l’ex direttore del TG4, Emilio Fede per i rapporti  con i soldi di Cosa Nostra che, a quanto pare, erano stati preziosi per la costruzione di Milano 2),  l’ex senatore siciliano, ristretto ora – come è ampiamente noto –  nel carcere di Opera, dopo essersi inutilmente rifugiato a Beirut, la benemerita patria di quelli che fuggono le pene da scontare (come l’ex deputato di Forza Italia Matacena), oltre che il più celebre amico di Silvio Berlusconi). I magistrati che si occupano a Palermo del processo sulla trattativa tra mafia e Stato hanno scoperto l’esistenza di tre conti bancari, grazie al centro operativo della DIA di Palermo a Beirut. Un deposito è intestato al figlio Marco, aperto e chiuso all’inizio di febbraio in pochi giorni e gli altri sono controllati direttamente dall’ex senatore siciliano.

I pubblici ministeri incaricati che sono Di Matteo, Del Bene e Tartaglia stanno preparando una rogatoria da inviare in Libano per conoscere l’ammontare dei conti e soprattutto la loro movimentazione. Il dubbio dei giudici sta nel seguente interrogativo: i conti servivano  per gestire una tranquilla latitanza all’estero o per far transitare in modo sicuro i patrimoni ancora nascosti? 

Il lungo racconto che l’ex direttore del TG4 ha fatto ai magistrati siciliani è alla base dell’indagine ancora in corso. A quanto pare ,negli ultimi anni si è sviluppata una particolare simpatia umana tra i due ex collaboratori dell’uomo di Arcore. Fede racconta ai giudici di essere andato a chiedere consigli a Dell’Utri quando sentivo che quando la mia vita in Mediaset si è complicata. E quando i magistrati gli chiedono perché si rivolge  a Dell’Utri  perché i rapporti erano più importanti di quelli che avevo io.”

“So per certo-ha ricordato Fede ai pubblici ministeri-che Berlusconi tutte le volte che Dell’Utri  ritornava da Palermo per il suo processo  (…io ho assistito una sola volta) si informava di come stava la famiglia Mangano… Berlusconi aveva tutta l’intenzione di aiutare la famiglia di quello che è morto in carcere, secondo Berlusconi da eroe perché non ha voluto dire niente contro di lui…” Si possono aggiungere di sicuro due particolare al racconto di Fede. La prima è che è significativo il rapporto che l’ex cavaliere ha proprio con Dell’Utri, piuttosto che con l’ex direttore del TG4.  La seconda è che il rapporto con Mangano è rimasto intenso dopo il processo e la morte del capomafia palermitano,  come peraltro hanno attestato, in tempi non sospetti, tutti gli studi seri che si sono occupati a suo tempo di quel che io continuo a definire il populismo autoritario.               


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