Stragi: Lucarelli, “la storia dei misteri italiani è soprattutto la storia dei depistaggi sulle indagini”

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Storie di uomini e donne che ad un certo punto della loro esistenza decidono di cambiare completamente vita, per ribellarsi o riscattarsi. E’ il leit motiv de “la Tredicesima ora”, il nuovo programma di attualità condotto da Carlo Lucarelli (nella foto) su Rai3 il venerdì in seconda serata. In otto puntate il racconto delle singole vicende umane, con tanto di testimonianza dei protagonisti, per descrivere problemi vasti e complessi della nostra contemporaneità.

“Tredicesima ora”, perché questo titolo?
Abbiamo deciso di raccontare le nostre storie partendo da quel punto di svolta che c’è sempre in una vita – ce ne sono tanti e tutti altrettanto importanti – e che abbiamo scelto per strutturare il nostro racconto tornando indietro e ripercorrendo ora per ora quello che è successo fino a quel punto. E’ un pretesto narrativo che ci permette di strutturare storie molto complesse in modo chiaro e abbiamo chiamato quel momento “la Tredicesima Ora” perché è sicuramente un momento molto speciale e pieno di significati, come il numero tredici.

Sui misteri italiani non hai mai smesso di indagare. Cosa c’è di diverso in questo programma rispetto a “Blu Notte”?
E’ diversa la struttura ed è diverso il punto di vista. Partiamo dalla storia di una persona che però ci permette di aprire finestre sul problema sociale, politico, criminale o storico che quella storia comporta. Come la schiavitù sessuale in Italia per Isokè, quella fisica per Yvan, l’essere vittima di una strage, lo stalking e il femminicidio, il carcere, potendo dare numeri e mettere in scena meccanismi che siano rivestiti dall’emozione che ascoltare quella particolare storia comporta. I temi che trattiamo sono gli stessi di sempre e non ci sarebbero senza mafie, cattiva politica, cattiva economia e parti dello stato infedeli di cui abbiamo già tracciato un mosaico nelle precedenti edizioni di quello che io continuo a chiamare Blu Notte. E nel quale, comunque, ci sono sempre io che esco dal buio con e mani giunte -come faceva Fabio De Luigi nella mia imitazione- e comincio a raccontare una storia.

Quali sono le storie più salienti su cui indaghi?
Per queste otto puntate abbiamo scelto storie che potessero rappresentare pezzi dell’Italia di oggi che di solito non hanno voce in capitolo. Immigrati, prostitute, carcerati, anche servitori dello stato e società civile di cui si dovrebbe parlare di più. Molti dei protagonisti delle nostre storie hanno scritto un libro e sono volti noti; ecco, noi vogliamo contribuire a mantenere l’attenzione sulla loro storia e renderla esemplare per quello che rappresenta.

Qual è il mistero italiano su cui è più difficile fare luce? E perché?
Tutti i cosiddetti misteri italiani sono altrettanto oscuri. Non perché dietro ci sia la stessa mano o appartengano allo stesso disegno, ma perché sono figli degli stessi meccanismi e dello stesso tipo di interessi che li ha originati. Ma, come diciamo sempre in tanti, non sono “misteri” – usiamo questa parola perché è più evocativa – sono “segreti”: stanno scritti su carte e nella testa di qualcuno, per cui basterà aprire cassetti e memorie così misteriosi non lo saranno più.

La “trattativa Stato-Mafia” è uno dei tanti segreti italiani?
E’ uno dei più grandi e inquietanti miseri/segreti italiani. E’ una cosa di cui non si può tollerare neppure il sospetto, che è quello di un vero e proprio patto col Diavolo. Per questo va fatta chiarezza totale sulla vicenda. Le difficoltà e le reticenze che si incontrano, purtroppo, fanno pensare che non sia facile.

Pasolini negli “Scritti corsari” diceva “Io so. So i nomi dei responsabili…” Conosciamo – e non sempre – i nomi degli esecutori ma non quelli dei mandanti. Per quale ragione? I mandanti sono “intoccabili”?
I mandanti sono intoccabili -o lo sono difficilmente – perché sono potenti ed evidentemente esercitano ancora quel potere. La storia dei misteri italiani è soprattutto la storia dei depistaggi sulle indagini. E’ come se a giocare a guardie e ladri ci fossero alcune guardie che fanno i ladri: non ne esci più, si crea un livello di confusione in cui è difficile andare oltre le prime elementari certezza, come esecutori che magari sono stati coinvolti proprio per essere sacrificati.

La desecretazione dei documenti sui misteri italiani promessa dal nuovo governo è una buona iniziativa? E cos’altro serve dal punto di vista politico per squarciare i tanti muri di gomma della storia d’Italia?
E’ una buona notizia e io attendo fiducioso di vederne gli effetti pratici e concreti. Ovviamente non è una fiducia gratis, all’annuncio devono corrispondere veri archivi e veri cassetti che si aprono e la libertà per magistrati e storici di agire di conseguenza. Se, come si dice sempre, c’è la “volontà politica” di farlo, allora è una rivoluzione. Perché questo manca all’Italia: una rivoluzione – ovviamente in senso civile e culturale – che attraverso l’apertura degli armadi e la rottamazione degli scheletri tagli definitivamente con il passato e i suoi compromessi che ci avvelenano il presente.

E’ difficile fare giornalismo giudiziario in Italia?
Sì. Noi siamo più che altro un programma di storia, anche se veniamo scambiati spesso per un programma di inchiesta, cosa che la dice lunga su come noi italiani conosciamo le nostre vicende, io per primo. Raccontiamo cose che si sanno e che già stanno sugli atti giudiziari, più che altro le ricordiamo mettendole in fila e rivestendole di emozioni. Se questa domanda venisse fatta ai colleghi che subiscono querele – anche quelle che poi verranno ritirate ma intanto ti obbligano a spendere tempo e denaro e spaventano gli editori – o che si ritrovano proiettili nella buca delle lettere o l’auto bruciata -soprattutto se sono giovani precari bravi ed entusiasti ma poco protetti e poco pagati – ecco, credo che quelli risponderanno che sì, è proprio difficile.

Come giudichi il ruolo dell’informazione – tv, giornali, internet… – sui misteri italiani? Ci vorrebbe più coraggio e più schiena dritta da parte dei giornalisti?
Un po’ più di rigore non guasterebbe, e un po’ più di coraggio da parte di editori e direttori nel proporre argomenti che spesso ritengono, a torto, noiosi. Di informazione ce n’è tanta e chi vuole sapere le cose può trovarne molte, soprattutto su internet, al netto delle bufale e delle strumentalizzazioni sul web). Chi deve fare un maggiore sforzo sono lettori e spettatori: dobbiamo darci più da fare per trovare storie e informazioni e dobbiamo indignarci di più e in maniera più costruttiva. Fermarsi al titolo e mettersi ad urlare non basta più.

Pubblicato sul Radiocorriere Tv


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