Ricordiamo Vittorio Arrigoni
tornando a raccontare il dramma di Gaza

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Sono ormai tre anni che Vik non è più tra noi. Tre anni dolorosi, per i suoi familiari e amici, prima di tutto, per quanti hanno avuto modo di sfiorarlo nella sua breve, intensa, generosa vita, e, forse, ancora di più per i palestinesi della Striscia di Gaza, dove Vittorio Arrigoni aveva deciso di vivere, lavorare con la Ong International Solidarity Movement e per la quale si spendeva nel lavoro quotidiano di assistenza, nei corsi per i ragazzi, ‘scudo umano’ per salvare dalle mitragliate dei soldati israeliani, con la sua semplice presenza, gli agricoltori che si avvicinavano (e continuano a farlo) al muro per raggiungere i loro raccolti, o i pescatori che, con le loro barche, affrontavano e affrontano le mitragliate delle motovedette di Telaviv per portare cibo a casa. Ma soprattutto, nell’azione continua, appassionata, sul blog, su Facebook, per radio o con le corrispondenze per quotidiani e televisioni in Italia e in altri paesi, di denuncia della mostruosità di un assedio che colpisce solo i civili innocenti, e, ancora di più, di provocazione per un mondo esterno di istituzioni e media, che deliberatamente oscurano una realtà dove i diritti minimi delle persone sono uno miraggio. 

Non amava essere definito un giornalista, ma Vik e’ stato per tutti noi l’unica fonte di informazione da Gaza durante l’operazione Piombo fuso, lanciata da Israele contro la Striscia a fine 2008. Ci raccontava le bombe che cadevano mentre lui stesso era a bordo dell’ambulanza che correva a recuperare i feriti. Quelle corrispondenze, pubblicate in primo luogo dal Manifesto, furono raccolte nel suo libro “Restiamo Umani”, un grande successo i cui proventi sono andati per creare strutture per i bambini di Gaza. E anche dopo, ci raccontava come moriva di stenti un popolo costretto in una prigione a cielo aperto, o ci informava sulle aspettative riposte nella Freedom Flotilla, e poi la tremenda delusione e il lutto per i cooperanti turchi uccisi durante l’arrembaggio delle forze israeliane.

Vittorio Arrigoni, che il governo d’Israele considerava persona non gradita, un avversario insomma, è stato ucciso da palestinesi, un gruppo fondamentalista salafita. Al di la’ delle motivazioni mai veramente chiarite del suo rapimento e assassinio, resta il fatto che Vik rappresentava una presenza doppiamente scomoda perché costruiva dialogo e insegnava la via della pace e della non violenza ai ragazzi di Gaza, che crescono con le armi in mano e vivono la guerra come dimensione quotidiana, ma era anche un riflettore puntato a far luce su quella perenne violazione dei diritti umani fondamentali.
A tre anni dal suo assassinio, però, sulla memoria del suo impegno e’ calato il silenzio, come è calato il silenzio sulle vicende e i drammi di Gaza: non c’è più nessuno li’ oltre quel muro a parlarne. E anche da questa parte, nessuno si spinge fin lì a buttare uno sguardo. E tutto questo ci sembra naturale, Gaza non ‘tira’ più come non tirano i palestinesi: ogni tanto vediamo passare distrattamente una notizia sull’ennesimo colloquio di pace o sulla visita di qualche politico europeo o americano “in Israele”, raramente in Palestina, praticamente mai a Gaza. Quando ci sveglieremo una volta per tutte da questo sonno della ragione, quando capiremo che la sorte di Gaza e’ la sorte del Mediterraneo che è il nostro mare come il loro.
Allora se vogliamo davvero ricordare Vittorio Arrigoni torniamo sui suoi passi e raccontiamo di nuovo la morte ma anche la vita dei bambini di Gaza. In nome di un solo semplice principio: restiamo umani.

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