La Verona di Tosi non è l’Atene di Pericle

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Ho letto l’articolo di Giorgio Montolli, direttore del giornale Verona In, pubblicato da Articolo 21, sulla raffica di querele lanciate dal Sindaco di Verona Flavio Tosi verso chiunque, giornalisti compresi, esprima critiche mordaci verso la sua amministrazione.

E’ formalmente corretto che un cittadino, nel momento in cui gli vengano attribuite azioni od omissioni che non rispondono al vero, e che contestualmente comportino un danno alla sua immagine pubblica, abbia la possibilità di rivolgersi ad un soggetto terzo, nella fattispecie un giudice, affinché sia accertata la verità (giudiziaria) e venga eventualmente punito il responsabile di infondate accuse. E’ un chiaro e legittimo limite alla libertà di critica cui non è concesso avvalersi di falsità finalizzate a screditare un avversario. In astratto un vincolo ineccepibile, in concreto un equilibrio precario che potrebbe non garantire l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Una tutela della persona facilmente onorabile quando i due contendenti occupano una equivalente posizione sociale che consenta ai medesimi pari opportunità di offesa e di difesa.
Qualora questa condizione non risulti però soddisfatta, è notorio che resistere in giudizio sarà molto più difficile per il soggetto più debole, a prescindere dal ruolo di querelato o querelante e dalle possibilità giuridiche di ottenere soddisfazione.

Le querele del sindaco Tosi verso alcuni giornalisti di testate minori, o semplici cittadini che, ad esempio, si sono rivolti a testate non allineate con la stampa “governativa” per esprimere la propria opinione critica, hanno realizzato l’asimmetria massima. Da una parte il primo cittadino, che può disporre ad libitum e senza oneri personali di un robusto apparato giuridico-amministrativo, dall’altra il querelato nella figura di chi può contare soltanto sulle proprie forze economiche, accettando un rischio che potrebbe compromettere il proprio status, fragile già in partenza nel confronto.

Di questa disuguaglianza di fronte alla legge si avvale l’arroganza del potere che utilizza la querela come strumento di deterrenza nei confronti non tanto degli oppositori istituzionali, attrezzati a propria volta a fronteggiare vertenze legali, ma di quell’opinione pubblica “normale” che si esprime direttamente attraverso l’intervento del singolo cittadino o, indirettamente, attraverso l’articolo del giornalista locale che raccoglie manifestazioni collettive di dissenso e quindi contribuisce a recuperare una dialettica democratica che altrimenti rimarrebbe vittima inesorabile del silenzio.

Ma la Verona di Tosi non è l’Atene di Pericle, e quindi noi non «facciamo così». Preferiamo sfruttare la nostra posizione di forza per opprimere il debole che non è d’accordo con noi querelandolo ad ogni pie’ sospinto. Non è importante, come nel caso specifico, che pressoché tutte le querele cadano nel vuoto. Importante è invece che il dissidente sia raggiunto da una citazione in giudizio, con richiesta di ingente risarcimento danni, per ciò che improvvidamente ha dichiarato a mezzo stampa, magari in compagnia del direttore del giornale.
Questo significa trovarsi  immediatamente un avvocato, anticipare dei soldi e temere che la propria ragione, più per motivi formali che sostanziali, non possa trionfare nell’aula di un tribunale. Ergo, capita che si mandi giù il rospo e si scriva una letterina di scuse che il sindaco magnanimamente pretende in cambio del ritiro della querela. Ogni tanto però s’incontra qualcuno di “tosto” e il querelante si prende torto davanti al giudice. Ma perché criticare “il principe”, per quanto a volte in maniera un po’ inadeguata, deve comportare un rischio o un sacrificio così grande?

Penso che non si possa rinunciare all’istituto della querela per ragioni di civiltà giuridica, però mi pare altrettanto necessario che il Legislatore intervenga per modificarlo, con l’obiettivo di ricomporre l’asimmetria tra le parti, proprio in nome del principio di uguaglianza dinanzi alla legge. A fronte di più querele analoghe per circostanza, che cadono nel vuoto a seguito di archiviazione o assoluzione, dovrebbe essere prevista una sanzione per il querelante e un risarcimento per il querelato. Discutiamone.


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