Un’Italia più credibile per un’Europa più integrata

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Di Massimo Giunti

Premessa
Pur con tutte le critiche che all’Europa di oggi si possono rivolgere, è nostro interesse continuare a esserne parte attiva, per migliorarla e per favorirne il processo d’integrazione, perché solo nell’Europa possiamo avere un futuro e soprattutto darlo ai nostri figli. Ce ne dobbiamo ricordare e farlo capire in vista delle prossime elezioni europee. Il loro risultato dipenderà molto dalle prospettive di sviluppo che la comunità europea sarà capace di darsi in questa fase di fermenti che le precede. Solo sciogliendo il nodo dello sviluppo si può riuscire a contrastare l’ondata di neo-nazionalismi, populismi e qualunquismi che cavalca in modo irresponsabile il malessere diffuso dalla crisi economica.
In questa ottica il nostro paese può giocare un ruolo importante, ma ha bisogno di meritarsi l’ascolto della comunità. Deroghe al pareggio di bilancio per consentire investimenti produttivi non sono infatti impossibili da ottenere, a patto che siamo in grado di presentare un piano credibile, non tanto di riduzione delle spese utili, che anzi vogliamo poter incrementare, quanto di compressione degli sprechi e dei dannosi squilibri che ne derivano. Da questo punto di vista la prima cosa da fare è rispondere alla impellente domanda che la comunità europea ci rivolge riguardo al contrasto alla corruzione (e implicitamente ai fenomeni collegati, come l’evasione fiscale).
Si tratta indubbiamente di una questione di equità e al tempo stesso di parità di opportunità per tutti quelli che sono (o sarebbero) capaci di contribuire allo sviluppo economico e quindi alla crescita del benessere collettivo. Lo spreco di risorse attraverso la corruzione e l’evasione crea un doppio danno, sottraendo materia prima allo sviluppo e creando situazioni di concorrenza sleale a tutti i livelli (dalle famiglie alle imprese) a favore dei meno capaci, o, se vogliamo, dei più spudorati, abili solo nell’infrangere impunemente le regole, creando benessere solo per se stessi e i propri accoliti.
Se questo dirottamento di risorse in Italia avviene in misura assai più rilevante che in quasi tutti gli altri paesi della comunità europea, vuol dire che ha prevalso finora la volontà politica di non adeguare la legislazione pertinente agli standard europei, oltre che di contrastare di fatto il buon funzionamento dei meccanismi di prevenzione e contrasto esistenti.
Che cosa ci chiede l’Europa?
A una simile domanda il cittadino poco informato è portato rispondere con i luoghi comuni amplificati dai mezzi di comunicazione più popolari: sacrifici, compiti per casa, imposizioni dalla Germania e dai “poteri forti”, e via di questo passo. Ognuna di queste affermazioni ha un piccolo contenuto di verità, sommerso da una valanga di propaganda. Quando si parla di certa cose sarebbe bene documentarsi, accertare le fonti, disporre di spiegazioni di persone competenti, inquadrare le affermazioni nel loro contesto, tutte cose faticose, soprattutto in una società che ci ha abituato a slogan sbrigativi come sorgente prevalente di opinioni.
In realtà, quello che prima di tutto ci chiede l’Europa è di cominciare a fare seriamente un po’ di pulizia. E intanto di dimostrare che si hanno gli strumenti e la volontà per procedere. Andiamo a vedere quali sono le raccomandazioni contenute nella recente Relazione della Commissione Europea al Consiglio e al Parlamento Europeo sulla lotta alla corruzione (Bruxelles, 3 Feb 2014). Vi si dice che la nostra ultima legge anti-corruzione (6 Novembre 2012, n. 190), nota come legge Severino, ha rappresentato solo un assai modesto passo avanti, ma resta piena di carenze inaccettabili, riguardanti:

  • Disciplina della prescrizione
  • Normativa penale sul falso in bilancio e sull’auto-riciclaggio
  • Introduzione del reato di voto di scambio
  • Frammentazione delle disposizioni di diritto penale su concussione e corruzione
  • Mancanza di disposizioni sulla corruzione nel settore privato
  • Insufficienza delle disposizioni sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, mancanza assoluta di disposizioni nel settore privato
  • Trasparenza delle attività di lobbismo
  • Conflitto di interessi [Nota: questo punto è compreso nell’iniziative ICE sul pluralismo dell’informazione]
  • Donazioni ai partiti politici

Se poi andiamo a vedere quale è il giudizio internazionale sull’efficienza dei nostri organi di controllo e informazione (fonte: Relazione 2011 di Transparency International) abbiamo in sintesi una situazione piuttosto sconfortante. Si salva solo la Corte dei Conti, mentre viene considerata insufficiente l’azione della Pubblica Amministrazione, del Parlamento, del Governo, dell’autorità anticorruzione CIVIT, dei partiti politici, delle imprese, dei media.
[Nota: sull’azione del CIVIT relativa alla trasparenza nella PA e alla loro applicazione in provincia di Milano il Circolo di Milano aveva svolto un’indagine nel Novembre 2012, da cui risultava che, dopo un periodo di assoluto ristagno (durante la gestione Brunetta), la situazione stava sensibilmente migliorando nell’aspetto normativo, non altrettanto in quello applicativo e di controllo].
La percezione dei cittadini e del mondo del lavoro
Nella stessa relazione della Commissione Europea si citano sondaggi e indagini riguardo alla percezione pubblica della corruzione, mettendo a confronto i dati dell’Italia con la media europea. Trattandosi di percezione sono dati per definizione soggettivi, ma da prendere sul serio, in quanto esiste pure una correlazione fra percezione e realtà e, per quanto la percezione in termini assoluti possa essere sbagliata per eccesso o per difetto, il confronto fra Italia e media UE è relativamente più attendibile.
Questi i risultati (% Italia vs media UE):

  • Fenomeno dilagante (97% vs 76%)
  • Si ritiene vittima del fenomeno (42% vs 26%)
  • Corruzione/raccomandazione come metodo per favorire l’accesso ai servizi pubblici (88% vs 73%)
  • Ricevute personalmente proposte corruttive (2% vs 4%)
  • Imprese soggette a concorrenza sleale (92% vs 73%)
  • Conoscenze politiche necessarie per fare affari (64% vs 47%)

E’ interessante notare come la corruzione sia un fenomeno sentito anche nel resto d’Europa, ma in misura apprezzabilmente diversa. Se poi si viene interpellati sull’esperienza personale, la sproporzione delle percentuali evidenzia (senza peraltro sorprendere) come quasi tutti lo considerino un fenomeno che riguarda altri.
L’impatto economico della corruzione
La relazione citata riassume in 60 mld di euro, pari al 4% del Pil nazionale, il costo stimato della corruzione in Italia. In termini assoluti corrisponde a circa la metà del costo di tutta l’Unione Europea. Da notare che la stima considera solo i costi diretti, non quelli, più difficilmente stimabili, delle conseguenze, per esempio in termini di inefficienza dei servizi, di danni da concorrenza sleale, ecc.
L’evasione fiscale
Il numero de L’Espresso del 13/02/2014, riprendendo il saggio di Stefano Liviadotti intitolato Ladri (Bompiani, 2014) e dati di R. Murphy del Tax Justice Network, riassume così il problema dell’evasione fiscale in Italia:

  • Valore evaso di 180 mld/anno
  • 200mila controlli su 5 milioni di contribuenti sospetti
  • Recuperati 169 mld su 808 mld accertati in 12 anni
  • 82% del gettito da lavoratori dipendenti e pensionati
  • 32 condoni in 34 anni (fra il 1970 e il 2004)

Riporta inoltre quale è stato l’atteggiamento degli ultimi governi in materia di tetto sul contante:

  • Nel 2007 Prodi abbassa il tetto del contante da 12500 a 5000 euro, con l’obbiettivo di portarlo a 500 entro il 2008
  • Nel 2008 Berlusconi lo riporta a 12500
  • Nel 2011 Berlusconi/Tremonti sono costretti dalla crisi e dalla pressione europea a scendere a 2500
  • Nel 2011 Monti lo fa scendere a 1000
  • Nel 2013 una proposta di ulteriore riduzione (Saccomanni) non è accolta dal governo Letta

In sostanza nel 2014 non abbiamo ancora raggiunto l’obbiettivo programmato da Prodi per il 2008.
Che cosa serve
In definitiva, se teniamo conto della situazione in cui siamo e della strada che osservatori qualificati ci raccomandano insistentemente di percorrere, occorre che chi ha la responsabilità di governare e di legiferare metta mano quanto prima a provvedimenti chiari e incisivi, quali:

  • Una legislazione anti-corruzione al passo col resto dell’Europa
  • Un ulteriore abbassamento del tetto del contante
  • Una eliminazione delle banconote di più alto taglio
  • Una equiparazione dei costi del contante a quelli delle carte elettroniche

[Nota: su quest’ultimo punto Milena Gabanelli, nel programma Report 15/04/2012 (servizio “Contanti saluti al nero”), aveva descritto una proposta precisa, presentata anche all’allora capo del governo Monti, che aveva mostrato un certo interesse]
Come contribuire
Stante che il Coordinamento Circoli, nella riunione del 15 Febbraio a Firenze, ha scelto “la corruzione” come tema su cui lavorare insieme nel 2014, si tratta ora di vedere che tipo di contributo possiamo dare perché ci si incammini verso la soluzione dei suddetti problemi.
Un primo passo può essere quello di generare, come base di partenza, un documento comune.
Da parte del circolo di Milano, in collaborazione con quello di Pisa, è stato previsto un evento il prossimo 19 Marzo, al Circolo della Stampa di Milano, con Gherardo Colombo, Alberto Vannucci e Roberto Montà, sindaco di Grugliaco (TO) e presidente di Avviso Pubblico. Sarà un’occasione per discutere dell’argomento e raccogliere idee su come procedere.

Da libertaegiustizia.it


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