“L’ultima madre” – di Giovanni Greco

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Le vite degli individui sono rette parallele che s’incontrano all’infinito, in un orizzonte illusorio, sono impulsi che corrono avanti e indietro, s’inseguono, talora s’intravedono o si sognano reciprocamente, più spesso si mancano. María è una mite casalinga di un barrio povero di Buenos Aires, vedova di un muratore di origini italiane. Gli uomini che hanno preso il potere in Argentina hanno fatto sparire i suoi due figli, i gemelli Pablo e Miguel, insieme a tante altre persone dissolte nel nulla. María cerca una risposta, vuole la verità, e per questo viene imprigionata, torturata, esiliata. La sua vicenda si sovrappone a quella di Mercedes, figlia e moglie di due militari di quella giunta che reprime nel sangue ogni forma di opposizione. Anche Mercedes è madre di due gemelli, Nacho e Mari. I bambini le sono stati consegnati alla nascita, figli di un’attivista politica arrestata e poi scomparsa. Sono cresciuti in una famiglia che non è la loro, all’oscuro di tutto.
Nato come spettacolo sul tema dei desaparecidos, frutto di un’inchiesta condotta sul campo a Buenos Aires, L’ultima madre è un potente affresco ispirato ai grandi romanzi della letteratura sudamericana: destini che procedono asimmetrici nel tempo e nello spazio, ma indissolubilmente intrecciati, personaggi che appaiono a un angolo di strada o svaniscono senza lasciare traccia, che si ergono a divinità del male, mutano pelle come serpenti, impazziscono, frugano disperatamente nei bassifondi dell’animo alla ricerca della propria identità. Quell’identità negata a molti negli anni bui della dittatura e che solo alcuni hanno potuto recuperare grazie al lavoro straordinario delle nonne di plaza de Mayo.

Giovanni Greco racconta l’oltraggio con una lingua meticcia, che dà forma plastica all’oralità, muovendosi in un arco di tempo che va dall’Argentina degli anni Settanta ai nostri giorni, ma che affonda le radici nella storia europea del Novecento: l’Italia dei migranti, i campi di concentramento nazisti, i moti studenteschi parigini, la caduta del muro di Berlino…

Hanno detto dell’autore e del suo esordio, Malacrianza:

“Un libro che scompone e ricompone il tempo. Greco è senza dubbio uno dei migliori scrittori degli ultimi anni”.
Andrea Camilleri

“Lo straordinario esordio di Giovanni Greco inanella tanti quadri, che spericolatamente si succedono, e a volte vengono ripresi, o s’intrecciano, sicché alla fine diventano storie, con un finale incendiario”.
Daria Galateria, la Repubblica

“Una sfida ai limiti dell’estetico”.
Daniele Giglioli, Corriere della Sera

“Un libro indomabile e fluviale, potente nell’ispirazione e nella resa. Dà quella vertigine che assale cominciando certi romanzi di Faulkner”.
Paolo Di Paolo, l’Unità

Collana Indies
Nutrimenti/Feltrinelli 

pp. 384 – 16,00 euro
L’autore

Con il suo romanzo d’esordio, Malacrianza (Nutrimenti, 2012), Giovanni Greco ha vinto il Premio Calvino ed è stato finalista al Premio Strega e al Premio Viareggio. Scrittore, traduttore, attore e regista teatrale, ha tradotto Vuoti di Tony Harrison (Einaudi, 2008) e Antigone di Sofocle (Feltrinelli, 2013), ha pubblicato Teatri di pace in Palestina (manifestolibri, 2005) e ha curato, con A.M. Belardinelli, il volume Antigone e le Antigoni. Storia, forme, fortuna di un mito (Mondadori, 2010). Autore di numerosi testi e regie teatrali in Italia e all’estero, insegna recitazione in versi presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”.


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