L’Ucraina e le democrazie occidentali che accettano i massacri, purché non mediatici

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Sarà che sono due vicende che ho seguito professionalmente, ma quanto accaduto in questi giorni in Ucraina mi ha ricordato il Kosovo. Prima che gli albanesi mettessero mani alle armi (con l’Uck) gli abitanti di questa (ex) provincia serba (a stragrande maggioranza albanese) da anni conducevano una lotta non-violenta contro il regime di Belgrado. Bellamente ignorati dalla comunità internazionale e dai mass media che contano (quelli che quando si muovono obbligano anche la Casa Bianca a esporsi). Poi iniziò il conflitto, la reazione (violenta) delle forze serbe e si finì con l’intervento della comunità internazionale.

Piazza Maidan a Kiev non è occupata da qualche giorno, bensì da quasi tre mesi. Eppure tutti hanno dovuto fare i conti con la rivolta anti-Yanukovich solo nel momento in cui una (buona) parte dei manifestanti filo-europei ha deciso di militarizzare il conflitto: barricate e molotov sono state il prodromo di un assedio ai palazzi del potere. Potere che, come sempre capita, decide di passare alle maniere forti (spinto, a quel che si capisce anche dal suo protettore, Vladimir Putin).
I militari che sparano sulla folla in diretta televisiva risultano indigesti in tutte le democrazie occidentali. Che accettano i massacri, purché non mediatici. Altrimenti non si capirebbe perché Obama (ma lo stesso discorso vale per tutti gli altri leader del mondo) si sia indignato solo per Kiev e Caracas e abbia invece taciuto sulla Repubblica Centrafricana.

Ma non voglio dilungarmi molto. Yanukovich (vero satrapo alla Gheddafi, a vedere i sanitari d’oro del bagno) che lascia Kiev e la Tymoshenko che vi fa ritorno sono due buone notizie. La pasionaria parla di “dittatura finita” ma i filo-europei ora devono gestire varie problematiche sul tappeto. La prima è quella di vincere le elezioni anticipate del 25 maggio. L’Ucraina era e resta un paese diviso in due, con una larga fetta del paese che guarda a est, alla Russia. Se come è probabile le attuali opposizioni prevarranno alle urne, dovranno poi essere in grado di governare, tutte insieme. Dopo la Rivoluzione Arancione il fallimento partì proprio da lì. Infine, dovranno tenere unito il paese, fatto decisivo per poter avere un futuro economico. E dovranno anche gestire la probabile ira di Putin che, a differenza dell’Europa, ha sull’Ucraina mire “sovietiche” da tempi non sospetti. Quella stessa Europa (o sogno europeo) che ha spinto migliaia di persone in piazza, pronti a morire per l’unità di questo nostro continente.


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