Alice, Jan, Susanna e Jonas. Bastonati sotto i cartoni nelle strade di Genova

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Incappucciati, rapidi, determinati. Trentuno secondi per colpire con violenza quattro persone inermi.Un attacco a freddo, pensato per fare male, forse anche per uccidere. Tre ragazzi armati di bastoni e spranghe, contro due uomini e due donne che dormivano sotto i cartoni nelle strade di Genova. A riprenderli le telecamere di sicurezza che evidentemente non sono lì per garantire la sicurezza di chi dorme per strada.

Sono immagini crude, ma vanno guardate. Sono immagini dure ma non possiamo chiudere gli occhi. In un paese che ha riconosciuto con una sua legge il reato di clandestinità, trasformando gli irregolari in criminali, può succedere anche questo. Che si criminalizzi la povertà, che ci si autoproclami giustizieri, che si pensi di agire a favore della comunità liberando la società di questa gentaglia. E così nel bel paese, quello degli italiani brava gente il 25 gennaio tre ragazzi hanno preso a sprangate quattro senzatetto in piazza Piccapietra a Genova.

Bene ha fatto Gad Lerner nel suo articolo a ricordare i nomi delle quattro vittime. Per sottolineare che non sono solo dei clochard, dei barboni, dei senza fissa dimora, dei poveri, degli stranieri, ma più semplicemente delle persone con un nome, un volto, una storia, dei sentimenti. Allora anche noi vogliamo ricordare i loro nomi: Alice Velochova, Jan Bobak, Susanna Jonasova e Jonas Koloman. Sono slovacchi, sono poveri, sono donne e uomini, sono feriti.
Ora gli inquirenti stanno mettendo insieme i pezzi per identificare i tre ragazzi. Se sono minorenni il loro nome non sarà reso noto e qualcuno lavorerà con loro per cercare di fare loro ritrovare quell’umanità che hanno perso. Ma non basta prendere i tre giovani. Perché questi ragazzi sono figli di una cultura, di un pensiero, di una ideologia che sta avvelenando neanche troppo silenziosamente l’Europa.


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