E se invece che parlare di Dudù, ascoltassimo i Nobel?

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di Roberto Reale   

“Sono rimasto decisamente stupefatto di come il popolo irlandese abbia accettato tanti sacrifici (sofferenza) senza protestare. E’ stata una sconfitta, una perdita di democrazia”. Sono parole pronunciate nei giorni scorsi a Dublino dal premio Nobel Joseph Stiglitz e subito dopo ribadite in un tweet rilanciato da centinaia di follower. Intervistato da Wall Street Italia Stiglitz a Milano nei giorni precedenti http://www.wallstreetitalia.com/article/1642679/eurozona/premio-nobel-stiglitz-europa-prigioniera-dell-austerity-ormai-e-un-rischio-cronico.aspx aveva detto la cosa veramente più importante che tutti dovrebbero tenere presente: “Questa crisi gigantesca di fatto non ha cambiato la cultura che l’ha provocata”. E ha aggiunto che in tutto il mondo (tutto, indipendentemente dalle valute) a partire dagli Usa la disuguaglianza è cresciuta, un top manager guadagna 250 volte di più del dipendente della stessa azienda.
Per Stiglitz i dati sui nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti sono ingannevoli, troppo precari e scarsamente remunerati per stabilizzare l’economia e la società civile. La convivenza sul pianeta è a rischio. Per quanto riguarda l’Europa Stiglitz ha idee molto chiare, una proposta precisa:

L’Europa deve accelerare sull’Unione bancaria, accompagnandola con un’assicurazione europea dei depositi e un meccanismo di risoluzione comune; abbandonare le politiche di austerità e puntare invece su politiche per favorire la crescita, sfruttando ad esempio i fondi Bei per finanziare le piccole e medie imprese che faticano ad ottenere credito, e investendo su istruzione e innovazione tecnologica; introdurre gli eurobond, così tutti i Paesi possono indebitarsi a tassi negativi

Sullo stesso argomento è intervenuto in questi giorni anche un altro Nobel per l’Economia Paul Krugman con un articolo oggi riproposto su Repubblica. L’austerità fine a se stessa è micidiale – ha ribadito – sta soffocando i paesi del Sud Europa. Krugman denuncia l’ostilità tedesca nei confronti degli sforzi di Draghi per rilanciare l’economia e l’ottusità di molti economisti di quel paese ossessionati dall’inflazione e dall’egoismo nazionale. Ma il punto più importante è tutto politico. E’ curioso che sia un’economista statunitense a dire la cosa politicamente fondamentale per il futuro dell’Europa

Come ho già detto, l’aspetto realmente triste è che l’euro avrebbe dovuto avvicinare i Paesi europei, in modi sia sostanziali che simbolici. Avrebbe dovuto incoraggiare dei rapporti economici più stretti, e promuovere un senso di identità comune. Invece ha determinato un clima di risentimento e di sdegno, sia da parte dei creditori che dei debitori. E non se ne vede la fine

Il punto è questo. Non sono i populisti a minare l’edificio ma quelli che non capiscono che lo si tiene in piedi solo con azioni efficaci e conseguenti. Il futuro dell’Italia si gioca qui. La nostra informazione in queste ore si appassiona sulla sorte dei pennuti, falchi, falchetti, colombe. Bene, legami misteriosi psico patologici legano ormai la figura di molti “comunicatori” ( magari ostili) a quella di Berlusconi. Quasi che non ne potessero fare a meno. Ma le cose concrete su cui si gioca il nostro futuro le dicono i Nobel Stiglitz e Krugman. Ascoltiamo loro e non i latrati ( si fa per dire) di Dudù.

Da scenarinews.com


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