La memoria non va in vacanza

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33 anni dopo la strage del 2 agosto, 85 morti e oltre 200 feriti, Bologna si ritrova davanti al piazzale della stazione. Quest’anno ci saranno il presidente della camera Laura Boldrini, confermato, e un ministro, annunciato. L’orologio dal 1980 sempre bloccato all’ora dello scoppio, ore 10.25. In questi anni c’è stato anche chi ha proposto di riavviarlo, alla faccia delle  memoria, che però, attenzione, non fa sconti. Verso quelle lancette ferme gli sguardi distratti e ignari sono sempre più frequenti, quasi  contrariati perché “Bologna non è più quella di una volta, quando tutto funzionava e gli autobus erano gratis”.

Che senso ha ancora oggi rinnovare un ricordo che si sta perdendo, quante celebrazioni mancano alla fine, per quanto tempo ancora si continuerà a provare un senso di colpa se si va in vacanza prima del 2 agosto?  Le domande le ho rivolte a Cinzia Venturoli, storica dell’Università di Bologna che della memoria del 2 Agosto ha fatto un impegno ancor prima di vita che di lavoro. I suoi progetti, documentari e laboratori realizzati con gli studenti, dalle elementari alle superiori, hanno avuto riconoscimenti importanti,  quello realizzato con alcune classi elementari di Rastignano è stato premiato dal Presidente della Repubblica.

“Non c’è dubbio, ammette, che il rischio della ritualità è forte e ben presente e prima di ogni celebrazione  si porta dietro gli stessi protagonisti e le stesse inutili polemiche”. Il riferimento è chiaro: ogni anno, una decina di giorni prima del 2 agosto,  si rinnova sui quotidiani l’attacco di esponenti del centrodestra alla verità giudiziaria, secondo il monotono copione che reclama l’innocenza di Mambro e Fioravanti e la richiesta di nuove indagini legate alla pista palestinese. Vampate di calore che già il 3 agosto  spariscono senza lasciare traccia  da televisioni e giornali. “Il nostro lavoro sulla memoria dura  tutto l’anno. Spieghiamo ai giovani che cosa è successo, e loro lo spiegano ai padri, che a volte ne sanno anche di meno”.

Alcuni anni fa un questionario promosso dalla Regione Emilia Romagna rivelò che molti degli intervistati alla domanda chi ha messo la bomba, risposero le Brigate Rosse. “E’ stata una bomba fascista, come è scritto sulla lapide in stazione, dice Cinzia Venturoli, si può ancora dire neofascisti e spiegare  chi sono e da dove vengono , oppure sono stati “ tutti sdoganati”? Pensa un bambino di dieci anni durante un incontro mi ha chiesto: ma che politico c’è dietro a questa strage? Non è stato facile spiegare che la verità giudiziaria si è fermata ad un livello sotto, condannando gli esecutori, impotente invece nell’individuare i mandanti”.

Il progetto Archivi per non dimenticare mette in contatto giovani e testimoni diretti della strage. Delle vittime, dei loro nomi, della loro vita spezzata, dei sopravvissuti si continua a sapere pochissimo. Cosa facevano quel giorno alla stazione, dove stavano andando? “Nelle scuole abbiamo trovato ignoranza, ma voglia di sapere. Un ragazzino ha chiesto con garbo e tenerezza ad una donna che ha perso tutte le colleghe di lavoro del servizio ristorazione “Ma se le faccio una domanda, poi lei piange?” Un bimbo sopravvissuto che allora aveva pochi anni, della mamma  ricorda solo un particolare: mia mamma era piena di lentiggini. Ecco ci piacerebbe proprio raccogliere sotto questo titolo  tante storie ancora sconosciute, dimenticate, invisibili. A volte ho le sensazione che a differenza di altri fatti tragici di sangue le vittime della stazione di Bologna siano troppe e le loro morti fanno meno effetto.”

Tra i tanti lavori multimediali promossi dagli archivi uno solo non ha potuto essere realizzato. L’idea era efficace e originale: è stato chiesto al motore di ricerca Google Italia di inserire in concomitanza con il 2 agosto un doodle, un logo commemorativo. Il portale, democratico e partecipativo, ha detto no.


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