Femminicidio, uomini e informazione

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Ieri, oggi: donne uccise dagli ex mariti. Gli omicidi di donne per mano dei mariti, conviventi o ex dall’inizio di quest’anno a oggi sono tra i 60 e i 90, difficile stabilire la cifra esatta, sono comunque troppi. I giornali parlano di gelosia e abbandono come cause di questi delitti. Il mondo della politica nei mesi scorsi aveva manifestato qualche segnale d’interessamento riguardo queste tragedie. La Ministra Josefa Idem aveva parlato della realizzazione di una task force  per arginare questo dramma e dare supporto alle vittime di stalking, ma con le sue dimissioni e il successivo smantellamento del Ministero delle Pari Opportunità, al momento non è stato realizzato niente di concreto.

Molte vittime avevano denunciato, anche ripetutamente,  per stalking quelli che poi sono divenuti i loro assassini, perché queste donne non hanno ricevuto un’adeguata protezione? La crisi economica può essere una scusante per non interessarsi di questo problema? Ho letto molti commenti, da parte di uomini, in cui veniva ridicolizzato il fenomeno del femminicidio poiché, a detta loro, in questo momento nel nostro paese ci sono priorità più importanti, come la mancanza di lavoro, di cui interessarsi. Mi chiedo da quando in Italia, come nel resto del mondo, la vita delle persone sia meno importante della situazione economica.

Chi s’interroga sul dramma di molte donne abusate, minacciate, picchiate, si parla spesso di modelli culturali distorti, della visione della donna come proprietà. Proprietà che si può usare e distruggere perché ritenuta di minor valore, come nel caso dell’assassinio di prostitute. L’Italia ha il triste primato di violenza e omicidi verso le persone transessuali e transgender, il sito dedicato a Mauro Mieli parla di pregiudizi alimentati dalla stampa che usa termini inadeguati e irrispettosi verso queste persone. I mass media poco parlano della violenza verso le sex workers, i giornali che parlano delle vittime di femminicidio spesso dipingono il dramma del maschio fallito che ha perso il lavoro, la moglie e che quindi compie un gesto estremo. Perché si descrive un omicidio in questo modo?
L’essere lasciato dalla propria donna è un fallimento così devastante tanto da portare a tragedie di questo tipo? Mi pongo molti interrogativi, non sono una psicologa, né una sociologa e neanche una giornalista, ho letto tante volte di tragedie con copioni troppo simili. La vita presuppone gioie e dolori, sconfitte e vittorie, non ci sono percorsi prestabiliti, le possibilità e le variabili durante l’esistenza sono infinite. Conosco persone che hanno conosciuto il dolore devastante della perdita di un figlio, di un compagno, di entrambi genitori, conosco chi in passato ha fatto usi di droghe, conosco chi, pur avendo attraversato questi tipi di sofferenza, ha saputo riprendere in mano la propria vita. Molte di queste persone spesso dimostrano un altruismo e una sensibilità che va ben oltre la media comune.

Perché allora certe persone non riescono a riprendersi dal fallimento di una relazione e vivono talmente accecati dal rancore tanto da togliere, e in alcuni casi anche togliersi, la vita? Perché alcuni uomini hanno la percezione della donna come una loro proprietà? Questo è avere una visione distorta dei valori della vita e del suo rispetto, i media dovrebbero prendersi la responsabilità di non alimentare in alcun modo questa tipo di visione.


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