Web, regno della società impersonale

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La caratteristica principale dell’era biomediatica è la marcata tendenza a personalizzare i vari canali di accesso alle informazioni da parte degli utenti legati al consumo digitale. Una sorta di auto-assemblaggio delle fonti Web – complici gli algoritmi di motori di ricerca come Google – che consente la creazione di un quotidiano realizzato con le sole opinioni desiderate dall’utente. Il rischio è il solipsismo on-line, cioè Internet come strumento nel quale si cercano le conferme di idee, gusti, preferenze che già si possiedono. Il risultato è il conformismo.
Un elemento – fra gli altri – da tenere ben presente, soprattutto quando si invoca la Rete come nuovo strumento per la selezione della classe politica.
Presto i processi di scelta dei cittadini verranno sostituiti con un click?
La domanda – che per ora non ha risposta – se la pone il Censis, in “Come cambia la comunicazione nella formazione dell’opinione pubblica”, terzo dei quattro rapporti che l’istituto presenta nell’ambito di «Un mese di sociale», tradizionale appuntamento di giugno dedicato quest’anno a «La società impersonale».

Siamo dunque in pieno nell’era della comunicazione orizzontale, in cui soggetto e oggetto tendono a coincidere promiscuamente. Le cose stanno davvero così?
Il Censis ci va giù pesante: “Questo – scrive – è uno dei tratti fenomenologici peculiari in cui si esprime la società impersonale, ormai affollata da una moltitudine di persone senza personalità, che propendono a un egualitarismo schiacciato in basso, favorito da Internet e dalla frammentazione dei processi di comunicazione, senza spinte propulsive in avanti, rimanendo invischiate in una inclinazione al voyeurismo inerte, senza impegno”.

I numeri rafforzerebbero una visione tanto catastrofica. Intanto si tocca con mano che i consumi mediatici di giovani e anziani sono totalmente antitetici: giovani schierati sulla frontiera dei nuovi media elettronici, anziani asseragliati nelle retrovie. In termini percentuali, i rispettivi utilizzi del Web sono rappresentati dalla formula 90 a 25 per cento.
Volendo approfondire, e tanto per fare un esempio, quasi l’80 per cento dei ragazzi frequenta YouTube, contro poco più del 5 degli adulti.

Questo fenomeno, sostiene l’istituto, determina soprattutto nei giovani l’assenza di una vera e propria prospettiva gerarchica tra le notizie: quelle apprese da un tg o da un quotidiano valgono quanto quelle trovate sul Web. Le strategie di adattamento nell’ambiente dei media digitali, spiega il Censis, sono improntate al nomadismo, favorito dalla molteplicità degli strumenti a disposizione – quasi il 55 per cento dei ragazzi accede alla Rete anche quando è a spasso tramite lo smartphone – passando da un media all’altro in maniera spesso acritica.

La “santa alleanza” fra tv e carta è dunque sull’orlo del baratro?
I quotidiani vendono 2 milioni di copie in meno al giorno, ma, almeno per quanto riguarda l’informazione, il Censis ribadisce la persistente centralità dei telegiornali: quasi 81 per cento degli  italiani continua a preferirli ad altri media, anche se tra i giovani la percentuale scende al 69 (oltre il 65 per cento di loro preferisce Google).

D’altronde, ammonisce Carlo Freccero, la nostra realtà è ancora fortemente suggestionata dalla televisione. Persino Internet, insiste il direttore di Rai4, è influenzato dalla tv: il Web è nato e cresciuto secondo i parametri della televisione  generalista e commerciale che, da decenni, ha trasformato lo spettatore in protagonista/consumatore. “È un percorso che nasce dalla logica dell’audience e che soddisfa il narcisismo dell’uomo qualunque”, conclude Freccero.

Alla luce delle ultime elezioni politiche e amministrative, di fronte alla crescita straordinaria dell’utilizzo del Web e al clamoroso tasso di astensionismo, non si può affermare che Internet promuova la partecipazione dei cittadini alla politica.
Per la conquista del consenso, rileva il Censis, la televisione resta il principale mezzo utilizzato dagli italiani. Oltre il 55 per cento degli elettori s’è fidato dei telegiornali. Quel che resta del corpo elettorale s’è sparpagliato fra talk-show, quotidiani, radio, e Rete varia. Semmai, sottolinea l’istituto, grande importanza l’hanno avuta il passaparola e le discussioni con familiari e amici (quasi il 44 per cento, e fra i giovani oltre il 60). Come dire, “moglie e buoi …).

Ad uso e consumo degli strateghi del nostro residuale sistema dei partiti, il Censis fornisce anche la graduatoria dei media scelti dagli elettori di diverso schieramento: quelli di centro-sinistra hanno preferito i giornali e la radio; quelli di centro-destra la televisione; per quelli del Movimento 5 Stelle tv e stampa scendono sotto la media, ma il Web non la fa da padrone, perché il grillino “preferisce il confronto diretto con le altre persone”; gli elettori di centro, infine, pur fedeli nella tradizione (poco Internet) si sono equamente barcamenati fra tv, quotidiani, talk-show e radio.


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